Siamo alle solite. Il governo Meloni non trova i soldi per finanziare i salari dei lavoratori, non ha risorse a sufficienza per i pensionati e la sanità al collasso, ma per la Difesa li recupera sempre. Così il Documento programmatico di bilancio, inviato a Bruxelles, conferma il ricorso del governo a 15 miliardi circa di prestiti dal fondo Safe, messo a punto dalla Commissione europea.
Per la Difesa il debito è sempre buono
“Riguardo alla spesa in difesa, come chiarito nel Dpfp, il 29 luglio l’Italia ha già espresso l’interesse a fare ricorso allo strumento finanziario europeo Safe (Security Action For Europe), per un ammontare pari a circa 15 miliardi. L’impegno a incrementare, in coerenza con quanto concordato a livello internazionale, il livello della spesa per la difesa e la sicurezza nazionale così come indicato nel Dpfp, per un ammontare massimo pari allo 0,5 per cento del Pil nel 2028, è stato confermato dalle risoluzioni con le quali il Parlamento ha approvato Il suddetto Documento”, si legge nel Dpb.
“Tale aumento – si spiega – garantirebbe il rispetto degli impegni assunti in ambito internazionale e sarebbe compatibile con il mantenimento del rapporto deficit/PIL al di sotto della soglia del 3 per cento lungo tutto l’orizzonte considerato. La valutazione sulla richiesta di attivazione della clausola di salvaguardia nazionale è rimandata a una fase successiva, tenuto anche conto dell’obiettivo di uscire dalla procedura per disavanzi eccessivi”.
Il M5S fa i calcoli: lo shopping militare costa 700 euro a contribuente
I parlamentari M5S delle Commissioni Difesa e Sanità di Camera e Senato fanno i calcoli di quanto costerebbe a ciascun contribuente la spesa militare garantita dalle destre.
“Mentre il governo nella prossima legge di bilancio si prepara ad aumentare in tre anni le spese per la difesa di mezzo punto di Pil, passando dal 2 al 2,5% con una spesa aggiuntiva cumulata di quasi 23 miliardi, il Mef – dicono i pentastellati – annuncia che in manovra ci saranno nuovi stanziamenti in sanità per 7,7 miliardi nel triennio, appena sufficienti a mantenere il livello di spesa sanitaria attorno al 6,5% del Pil. Tradotto in spesa media pro capite, nei prossimi tre anni del denaro pubblico dei cittadini che versano l’Irpef, 700 euro a contribuente saranno impiegati per aumentare le spese militari, mentre solo 230 per aumentare la spesa sanitaria”.
Saltano le promesse sui salari…
E non è solo la sanità a farne le spese. La corsa allo shopping militare viene fatta anche sulla pelle di lavoratori dipendenti e pensionati. Dal Dpb è stato depennato l’aumento promesso di una tredicesima più ricca per i lavoratori. La detassazione della tredicesima chiesta da Forza Italia non compare, così come non figura il bonus da 100 euro. L’eventuale alleggerimento fiscale sulla tredicesima avrebbe potuto garantire tra 80 e 120 euro in più in busta paga, a seconda del reddito e delle detrazioni. Nulla da fare anche per l’una tantum da 100 euro prevista per chi aveva redditi fino a 28.000 euro.
… e sulle pensioni
Nella manovra light da 18 miliardi di euro un nervo scoperto è anche il capitolo sulle pensioni. Il governo sterilizzerà l’aumento dell’età pensionabile solo per i lavori gravosi e usuranti. Nulla da fare per gli altri. “Con riferimento alle pensioni, nel biennio 2027-2028, si conferma, ad esclusione dei lavori gravosi e usuranti, l’aumento graduale dei requisiti di accesso al pensionamento connessi all’adeguamento all’aspettativa di vita”, si legge nel Dpb.
Eppure l’obiettivo del governo era la sterilizzazione dell’aumento di tre mesi dell’età pensionabile, che scatterebbe nel 2027, per tutti. Ma anche questa promessa è saltata. Il motivo è sempre lo stesso: non ci sono risorse. L’intervento sarebbe costato oltre tre miliardi a regime.
Ma la spesa per le pensioni prevista nelle tabelle del Dpb ammonta nel 2026 a soli 460 milioni di euro. Guardando al triennio di programmazione della manovra, l’importo sale a oltre 1,8 miliardi di euro nel 2027, anno in cui è previsto, appunto, l’adeguamento all’aspettativa di vita. Nel 2028 si scende poi di nuovo, a 1,2 miliardi.
Eppure il sottosegretario al lavoro leghista Claudio Durigon appena qualche giorno fa assicurava: “Fermeremo l’aumento dei tre mesi per tutti: l’abbiamo promesso e lo faremo”. Sì, come no.