Manovra, le destre si ricompattano su riarmo e tasse più alte: via libera al rafforzamento dell’industria della difesa

Dopo lo scontro sulle pensioni, le destre si ricompattano durante l'esame della Manovra convergendo su aumento delle tasse e riarmo.

Manovra, le destre si ricompattano su riarmo e tasse più alte: via libera al rafforzamento dell’industria della difesa

Sulle pensioni la maggioranza è andata in frantumi, ma sulle tasse e sul riarmo le destre restano compatte. Prosegue l’esame degli emendamenti alla Manovra e delle riformulazioni del governo in commissione Bilancio al Senato, con l’approvazione del raddoppio della Tobin tax (dallo 0,2% allo 0,4%) e con l’introduzione della tassa da due euro sui piccoli pacchi in arrivo dai Paesi extra-Ue per valore inferiore a 150 euro.

Ma, soprattutto, arriva il via libera all’emendamento riformulato dal governo riguardante l’ampliamento dei programmi per la difesa. L’emendamento prevede la possibilità di individuare le attività e le aree, nonché i progetti, utili per l’ampliamento e la conversione dell’industria della difesa. In pratica, viene potenziata l’industria della produzione di armi.

L’Italia corre verso il riarmo: via libera all’emendamento per la produzione di armi in Manovra

Questa la formulazione dell’emendamento: Al fine di tutelare gli interessi essenziali della sicurezza dello Stato e di rafforzare le capacità industriali della difesa riferite alla produzione e al commercio di armi, di materiale bellico e sistemi d’arma, con uno o più decreti del ministro della Difesa di concerto con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono individuate, anche con funzioni ricognitive e comunque nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente, le attività, le aree e le relative opere, nonché i progetti infrastrutturali, finalizzati alla realizzazione, ampliamento, conversione, gestione e sviluppo delle capacità industriali della difesa, qualificati come di interesse strategico per la difesa nazionale”.

Sul caso interviene anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, sostenendo che l’emendamento “non mira né a ‘trasformare le fabbriche italiane in luoghi di produzione di armi’ né, tantomeno, a ‘trasformare l’economia italiana in un’economia di guerra’”. La proposta, invece, servirebbe a fornire “una ricognizione delle aree in cui già insistono complessi industriali del settore difesa, al fine di consentire, su tali insediamenti, interventi di semplificazione amministrativa e di riduzione degli oneri burocratici, senza alcuna intenzione né possibilità di estendere ad altre questa corsia burocratica accelerata”.

Per Crosetto, l’intervento ha solo l’obiettivo di “rafforzare le capacità industriali e infrastrutturali del comparto della difesa, senza introdurre alcuna modifica strutturale o sistemica all’assetto economico generale del Paese. Si tratta dunque di misure volte a rendere più efficienti processi già esistenti, accelerando lo sviluppo di capacità industriali e infrastrutturali strategiche, senza estensioni indiscriminate né riconversioni del tessuto produttivo nazionale”.

Ma Angelo Bonelli, deputato di Avs, rincara la dose: L’Italia entra nell’economia di guerra: è stato approvato dalla maggioranza di destra l’emendamento che trasforma le fabbriche italiane in fabbriche di produzione di armi. Siamo di fronte alla trasformazione dell’economia italiana in un’economia di guerra, che paga a Trump il prezzo della scelta irresponsabile di destinare il 5% del Pil alla spesa militare: circa 100 miliardi di euro l’anno, mentre si continuano a tagliare risorse a pensioni, scuola, sanità e trasporto pubblico. Come nella Seconda guerra mondiale le fabbriche venivano trasformate per produrre carri armati e munizioni, oggi la Meloni porta l’Italia nell’economia di guerra”.