Manovra, lo spettro dell’aumento del ticket nelle Regioni in deficit. Nuovo scontro sulla Sanità

di Lapo Mazzei

L’irritazione del Quirinale e la reazione delle Regioni. La paura dei pazienti e le contraddizioni della politica.  E tutto per un solo argomento: la Sanità. Tema sul quale dovrebbe essere sempre e comunque il buonsenso a prevalere, dato che incide direttamente sulla qualità della vita degli italiani. Invece il governo,  in nome e per conto di un mero dato ragionieristico, ha messo in crisi tutti, dato che le legge di Stabilità che il capo dello Stato ha avuto modo di visionare solo all’ultimo secondo dell’ultimo minuto utile (uno sgarbo istituzionale di rata portata), toccherà pesantemente il settore.

Nel 2016, in particolare scatterà una sorta di “moratoria” per le tasse locali, che non potranno essere aumentate. La misura, annunciata dal premier Matteo Renzi, compare nelle ultime bozze della legge di Stabilità anche se la sospensione non vale per tutti e, anzi, non cancella il rischio che le Regioni in rosso per la sanità possano cercare di sistemare i bilanci con l’aumento dei ticket. In estrema sintesi fno al 31 dicembre 2016 viene “sospeso il potere” degli enti locali di deliberare aumenti di tributi e addizionali. Sospensione che non vale però per le Regioni in piano di rientro sanitario, che potranno continuare a far scattare aumenti automatici di Irap e Irpef come previsto dalle norme sui deficit in sanità, ma anche scegliere di fare invece salire i ticket.

Lo stop non si applica nemmeno alla Tari (la tassa sui rifiuti), all’addizionale sulla Tasi e per gli enti che deliberano predissesto o dissesto. Per i governatori, poi,  arriva una sterilizzazione da 1,3 miliardi dei tagli extrasanità previsti dalle scorse manovre, che si attesta così al momento a circa 900 milioni. E non c’è più, per il 2016, il rincaro del contributo già previsto con il decreto Irpef che passava da 750 milioni a 1,8 miliardi. Restano invece i tagli per 2017 e 2018 (rispettivamente circa 3,9 e 5,5 miliardi. Insomma sarà un bel problema per tutti. Le scelte fatte dal governo non sono affatto piaciute al governatore del Piemonte che ha mollato l’incarico di presidente della conferenza Stato-Regioni. Sergio Chiamparino, ufficialmente, ha mollato la poltrona a causa della difficilissima situazione del bilancio del Piemonte che ha un disavanzo da 5,8 miliardi (“una Regione in queste condizioni non può stare in testa alle altre. Devo dedicarmi di più alla mia Regione”), ma nella sostanza il malessere del governatore ha una origine lontana, ed è legata ai rapporti diventati sempre piu’ distaccati con il Governo e, secondo alcune voci, anche ad una mancata interlocuzione con il premier Renzi. Le Regioni, infatti, da una parte vedono ridotto il Fondo sanitario nazionale a 111 miliardi (ne erano stati promessi oltre 113 solo in luglio), dall’altro sentono dire al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che “la Sanità delegata alle Regioni è stata un errore fatale”’. “Il governatore della Toscana Enrico Rossi ha detto che se il governo ha lo stesso giudizio della Lorenzin sulla gestione del settore, è bene si prenda il comparto e lo gestisca. Io sposo in pieno queste parole”, ha affermato Chiamparino, nel corso di una affollata conferenza stampa, “tra cinque anni faremo un confronto e vedremo se la Sanità della Toscana, dell’Emilia-Romagna o del Veneto saranno gestite meglio con una gestione centralizzata. Queste parole sono la cartina di tornasole del giudizio che si ha sulle regioni e un chiarimento serve a questo punto anche sul ruolo che si pensa debbano avere le regioni”. Insomma dietro il tema della sanità si gioca una partita politica che poco ha a che vedere con la salute degli italiani. Non a caso Chiamparino chiede da tempo maggiore dialogo al governo, ed è per questo che ha gettato la spugna, incassando l’appoggio di tutti i governatori, che gli hanno chiesto di congelare le dimissioni fino a quando non sarà concluso l’esame della Legge di Stabilità.