Maran: “Sarò l’ambasciatore di Milano al Parlamento Ue”

Parla il candidato al Parlamento europeo, Pierfrancesco Maran: “La città guarda più a Bruxelles che a Roma”.

Maran: “Sarò l’ambasciatore di Milano al Parlamento Ue”

Pierfrancesco Maran, classe 1980, due volte consigliere di zona, tre volte assessore, è un pezzo grosso del Pd milanese. A ogni elezione alla quale ha partecipato, è risultato il più votato. In molti davano per certa la sua candidatura a sindaco nel dopo Sala. Ora però corre per Bruxelles, anche se l’idea di Palazzo Marino non è sfumata…

Maran, mentre stiamo parlando, Milano è sott’acqua, un problema che non si riesce a risolvere.  Cosa può fare l’Europa per Milano…
Intanto diciamo che stiamo usando la vasca costruita dal Comune e che sta limitando fortemente l’esondazione del Seveso. È un pezzo ma non basta. La mia idea è che l’Europa voglia dire infrastrutture e sviluppo e c’entri molto col dissesto idrogeologico.

Lei ha svolto ruoli chiave in città. Ora però Milano sembra arrancare, è finito un modello?
Per Milano questo è un periodo di forte ripensamento, dopo un decennio straordinario di espansione, è in una fase in cui tutte le grandi metropoli si stanno ripensando. E anche per questo la testa di Milano è più rivolta a Bruxelles che a Roma. E per certi versi la mia candidatura va proprio in questa direzione: vorrei essere  al Parlamento europeo una sorta di ambasciatore di Milano e del Nord Italia, in grado di creare una connessione tra le necessità di Milano e della Pianura Padana e l’Ue.

Molti pensavano che lei sarebbe stato il candidato sindaco del “dopo Sala”, è un disegno abbandonato?
Oggi sono focalizzato su questa sfida e penso di poter essere utile alla nostra comunità in questo ruolo. Penso che possa far bene anche a Milano, perché vorrei provare a lavorare in tre direzioni: una è il rapporto tra Milano e l’Europa, che sta diventando centrale non solo per gli investimenti; la seconda è riscoprire un rapporto tra Milano e la Pianura Padana; e la terza è che va ricostruito il rapporto tra i Milanesi e un pezzo di città che oggi si sente affaticato dall’incremento del costo della vita… E anche su questo l’Europa può dire la sua.

Da assessore si è occupato di Trasporti e Casa, cosa vorrebbe fare a Bruxelles?
Voglio andare a Bruxelles per tentare di tenere in rete le istituzioni, perché nessun problema viene risolto dal livello locale, o dall’Europa o dallo stato, senza una condivisione di obiettivi. Se parliamo di mobilità basta andare in giro per la Lombardia per rendersi conto di come i treni locali facciano così schifo da essere un elemento di stress per chi li usa. Un modo per allontanare le persone dalla mobilità sostenibile. È un problema di come viene gestita male la Lombardia, certo, ma significa anche un impegno che possiamo fare dall’Europa per investire in nuove infrastrutture, in sviluppo. Guardiamo la problematica del costo della casa, che deriva dall’aumento dei costi di produzione e dei tassi di interessi, nonché dall’eccesso di invasività della turistificazione. Sono temi su cui l’Europa può fare la sua parte. Ci sono le linee di credito della Bei (Banca investimenti europei) per chi fa case a prezzi accessibili e per il sistema cooperativo. Nuove regole che restituiscano le case ai cittadini anziché trasformarli in alberghi.

Forse la trasformazione di cui parla non è stata governata al meglio…?
No, su questo non sono d’accordo. Se andiamo indietro di 10 anni, Milano voleva tornare ad essere una grande capitale internazionale e si sentiva una città provinciale. Questa missione è stata raggiunta, non solo dalla politica ma da tutta la comunità. Oggi però questo nuovo status di città impone delle sfide diverse, nuove. E questo significa passare da un decennio di competitività a uno di consolidamento e attenzione in particolare al ceto medio.

Il Pd nel Nord-Ovest ha una capolista pacifista (Cecilia Strada), ma candida anche persone favorevoli all’invio di armi, lei come si pone?
Fin da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, ho ritenuto indispensabile supportare la resistenza ucraina fino a un accordo di pace ragionevole per gli ucraini. Detto ciò, credo che il Pd, nato per avere una vocazione maggioritaria, debba includere pensieri diversi e che sia meglio averli all’interno, anziché pensare che ogni volta che non si è d’accordo, si faccia una scissione e si lotti per superare le soglie di maggioranza. Il partito deve essere un luogo in cui ci si misura sulle idee e con percorsi come le primarie, di volta in volta si decide qual è la linea politica. E quindi pur avendo chiaramente posizioni diverse su alcuni punti qualificanti con Cecilia Strada, sono molto contento di condividere la lista con lei. Così come mi sarebbe piaciuto condividerla con tanti altri che strumentalmente hanno lasciato il Pd, sia da destra che da sinistra. Contribuendo a una frammentazione che poi in definitiva significa un solido governo di destra nel nostro paese.

Un Pd che tiene dentro tutti… Ma sarebbe governabile?
È la società che è frammentata, non solo il pd. E quindi è compito di un partito cercare di fare in modo che le differenze possano avere degli sbocchi democratici. Anche perché, se ogni volta che non sei d’accordo, si lascia fuori qualcuno, finisce che si resta da soli. Il caso del terzo polo è emblematico, tutti sono usciti pensando che avrebbero trovato un’unità di visione e posi si sono scissi di nuovo tra di loro, alla ricerca di nuove purezze…

Alcuni hanno letto nella candidatura di Strada e Tarquinio un tentativo di Schlein di cambiare la linea del Pd, concorda?
Non credo sia questa la lettura, nel senso che Schlein ha sempre fatto battaglie politiche in campo aperto, se vuole cambiare la linea del partito su questi temi, immagino che lo farà facendo una proposta in maniera chiara e permettendo anche a chi pensa che la difesa della pace passi per la difesa degli oppressi, di difendere la propria posizione.

Questione palestinese, l’Ue ha fatto abbastanza?
Nel momento in cui in ambo le parti ci sono lutti e tragedie, diamo per scontato che non si sta facendo abbastanza. Credo che anche nei momenti più duri si debba mantenere viva la speranza di crare due popoli e due stati. Avere una politica unica europea sia di politica estera, sia di difesa e anche un esercito unico, deve essere la prospettiva per dire che laddove si possono creare questi due popoli e due stati, l’Europa può essere lì, anche fisicamente, a favorirne il processo di consolidamento.

Chi vorrebbe come candidato alla presidenza?
Come gruppo dei Socialisti europei sosteniamo Nicolas Schmit… So che storicamente è  necessario creare una maggioranza trasversale.  Credo però che l’Italia stai dando un contributo importante al futuro dell’Europa, con un documento sia di Mario Draghi che di Enrico Letta, che dovrebbero essere più al centro della discussione pubblica.