Marino, paga lo scontrino. Chiesta la condanna a tre anni per l’ex sindaco di Roma. E il Campidoglio vuole pure 600 mila euro

Chiesta la condanna a tre anni, un mese e 10 giorni per Ignazio Marino. Il sindaco è accusato di falso, peculato e truffa gli scontrini e la sua onlus

Cari gli sono costati gli scontrini. Esattamente tre anni un mese e dieci giorni di carcere. O almeno questa è la richiesta arrivata dai pm nel processo che vede imputato Ignazio Marino per i reati di falso e peculato legati all’inchiesta sulle cene pagate con la carta di credito da sindaco, e truffa ai danni dell’Inps per la vicenda della onlus Imagine, della quale fu presidente. Una onlus fondata nel 2005 per portare aiuti sanitari in Honduras e Congo. Torna a galla, dunque, la vicenda che avviò la lenta e inesorabile caduta dell’ex sindaco che si concluse nel 2015 con le sue dimissioni. Prima di questa c’era stato il “Pandagate”, ma le vera tegola furono le spese effettuate con la carte di credito del Comune che gli costò pure la solidarietà dei romani. Anche perché nonostante le smentite del chirurgo continuavano ad arrivare dichiarazioni di persone che ribadivano di non aver partecipato a nessuna cena.

CONTI SALATI – Ecco che, ad un anno di distanza per l’ex sindaco è arrivato il conto più salato di tutti, quello dei pm Roberto Felici e Pantaleo Polifemo, titolari dell’inchiesta sullo “scontrino gate” che stavolta il conto vogliono farglielo pagare davvero. Le presunte cene di rappresentanza ammontano, secondo i pubblici ministeri, a 13 mila euro, e sarebbero avvenute tra il 2013 e il 2015 in ristoranti di Roma e non solo. Nel capo d’imputazione gli inquirenti scrivono che Marino avrebbe pagato i pasti “nell’interesse suo, dei congiunti e di altre persone non identificate”, cagionando “un ammanco stimato in euro 12.716” e aggiudicandosi l’accusa di peculato. La contestazione di falso è invece relativa alle “disposizioni impartite al personale affinché formasse dichiarazioni giustificative inserendo indicazioni non veritiere, tese ad accreditare la natura istituzionale dell’evento e apponendo in calce alle stesse la di lui firma”. Marino ha sollecitato il rito abbreviato che, in caso di condanna, prevedrebbe lo sconto di un terzo della pena, subordinandolo anche all’acquisizione di una perizia grafologica, da cui secondo la difesa sarebbe possibile risalire a chi avrebbe messo effettivamente la firma su quelle spese.

TRUFFA ALL’INPS – Per quanto riguarda invece la Onlus, Marino è accusato dalla Procura di aver predisposto tra il 2012 e il 2013 la certificazione di compensi riferiti a prestazioni fornite da collaboratori fittizi o soggetti inesistenti, inducendo in errore, lui ed altri tre, l’amministrazione finanziaria e l’Inps e procurando alla Onlus un ingiusto profitto per complessivi 6mila euro consistito nell’omesso versamento degli oneri contributivi dovuti per le prestazioni lavorative. Il chirurgo, come legale rappresentante, avrebbe siglato le certificazioni anomale, tra il 2013 e il 2014. Ma non basta. Marino dovrà anche risarcire il Comune di Roma, costituitosi parte civile nel processo, con seicentomila euro, di cui 100mila per danno funzionale e 500 mila per danno di immagine.