Mascariamento contro Borrometi. Per screditare il giornalista anti-mafia

Un ex deputato regionale, due cronisti e una scrittrice. Imputati per diffamazione contro il vice direttore dell'Agi Paolo Borrometi.

Mascariamento contro Borrometi. Per screditare il giornalista anti-mafia

“Questa inchiesta dimostra che il mascariamento è una tecnica che ancora funziona. Delegittimare una persona, colpendo se serve anche i suoi affetti più cari, è il modo per non rispondere mai nel merito”. Non c’è delusione nelle parole di Paolo Borrometi, condirettore dell’agenzia giornalistica Agi e presidente di Articolo 21.

Un ex deputato regionale, due cronisti e una scrittrice. Imputati per diffamazione contro il vice direttore dell’Agi Paolo Borrometi

Forse c’è solo un po’ di stanchezza perché l’inchiesta della Procura di Siracusa che ha emesso un decreto di citazione a giudizio davanti al giudice monocratico per l’ex deputato della Regione Siciliana Giuseppe Gennuso, due giornalisti e una donna arriva dopo anni di denunce e materiale raccolto. Il discredito (il “mascariamento”, appunto) nei confronti di giornalisti che si occupano di temi scomodo con le loro inchieste è una pratica che la Sicilia conosce bene.

In questo caso il livello raggiunto è però preoccupante per la macchina organizzativa messa in campo e perché Borrometi è un giornalista che con la sua testata giornalistica di inchieste online (laspia.it) si è occupato profondamente della mafia ragusana e siracusana. Nel 2014 è stato vittima di un’aggressione. Per le minacce ricevute (e che continua a ricevere) sono stati condannati l boss Giambattista Ventura (già condannato per omicidio, concorso in omicidio ed estorsione), Francesco De Carolis del clan Bottaro-Attanasio di Siracusa, Venerando Lauretta (boss di spicco del clan Carbonaro-Dominante di Vittoria) e altre decine di persone, più o meno collegate ad ambienti mafiosi.

Il giornalista è uno che ormai con le minacce ci convive

Borrometi è uno che ormai con le minacce ci convive. Per le minacce e per la sua sicurezza è stato trasferito dall’agenzia Agi a Roma e nonostante le minacce ha raccontato il commisariamentoà per mafia di Italgas, gli affari sporchi del mercato ortofrutticolo di Vittoria e la presenza di Cosa Nostra nel sud-est siciliano. Che un giornalista debba convivere protetto dalla scorta con la rabbia della mafia in questo squinternato Paese purtroppo è un fatto assodato. Che debba difendersi dal fango architettato da politici e colleghi giornalisti è uno sfregio ulteriore.

I pm di Siracusa scrivono di un “disegno criminoso” posto in essere dall’ex deputato regionale Gennuso. Coinvolti sono anche il direttore del giornale on line “Diario 1984”, Giuseppe Guastella, il giornalista Giuseppe Gallinella, e una donna, Valeria Micalizzi. I quattro sono accusati, a vario titolo, di aver concorso, o scritto, “una lunga serie di articoli” che avrebbero leso la “reputazione di Borrometi”. Tra gli articoli denigratori ce ne è stato uno di Guastella, in cui lo si accusava di aver “utilizzato” le auto di scorta per recarsi a “incontri con il suo amichetto del cuore”, integrando in questo modo la duplice e denigrante accusa di sperpero del denaro pubblico e il diffamante sospetto sugli orientamenti sessuali.

Contro Borrometi è stato anche pubblicato un libro, di Micalizzi e Gallinella, dal titolo Parlano di Borrometi che concorreva allo scopo generale. La Procura ha raccolto, tra l’altro, la dichiarazione resa da un collaboratore di giustizia alla Dda di Catania, secondo cui nell’estate del 2019 Guastella gli avrebbe parlato di approcci perché diffondesse notizie infamanti non solo su Borrometi, ma anche sull’ex capitano dei carabinieri di Siracusa, Enzo Alfano.

Figura tra le parti offese del procedimento anche il vicequestore Antonino Ciavola, ex capo della Squadra mobile di Ragusa. Il mascariamento ancora funziona, nel 2023. Ma proteggere i vivi mentre si commemorano i morti è ancora una priorità per l’antimafia in questo Paese?