Oggi il direttore della Stampa Massimo Giannini risponde a Giuseppe Conte. L’ex premier lo ha accusato ieri in una lettera inviata al quotidiano di aver detto falsità sulla politica estera del suo governo. Giannini replica in una lunga risposta a tutta pagina sul giornale.
Massimo Giannini: il direttore della Stampa risponde a Giuseppe Conte che lo aveva accusato di dire falsità su di lui
“Caro Presidente Conte, La voglio rassicurare sugli ultimi due punti della Sua lettera”, dice Giannini. “Da parte mia non c’è nessuna intenzione di denigrare chi c’era ieri per lodare chi è arrivato oggi. Lei ha guidato l’Italia in una stagione infausta, soprattutto per la nostra collocazione geopolitica. Sa meglio di me che sulla credibilità del Paese che Lei rappresentava nei consessi internazionali hanno pesato fortemente le sbandate filorusse della Lega e le intemerate filocinesi dei Cinque Stelle”.
Dopo una reprimenda su Salvini ecco la risposta a Conte: “In tanta confusione identitaria, se me lo consente, Lei talvolta ci ha messo del Suo. Un esempio su tutti: l’atteggiamento un po’ troppo appiattito su Trump, che del resto le valse un endorsement fondamentale per il Suo secondo governo. Era il 27 agosto 2019 e, subito dopo la pazza crisi del Papeete, The Donald cinguettò il famoso «spero che Giuseppi resti primo ministro!». Un “abbraccio” non mortale ma certo soffocante, che forse spiega il ritardo col quale il 17 gennaio scorso sono infine arrivate le congratulazioni telefoniche con il neo-eletto presidente Joe Biden”.
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La Stampa, Massimo Giannini e il sostegno a Draghi
Giannini risponde anche sull’accusa di aver abbracciato la causa del governo Draghi su input della nuova proprietà del giornale: “Infine, nella Sua lettera Lei parla di una «causa abbracciata» da me e «dall’intero gruppo editoriale». La citazione di Talleyrand sull’eccesso di zelo è bella, ma fa torto alla Sua intelligenza e alla Sua cultura. Per quel poco o tanto che ci conosciamo, dovrebbe aver capito che delle scelte fatte e della “linea” del mio giornale (sulle quali il mio gruppo editoriale non mi chiede e non mi ha mai chiesto conto) rispondo solo a me stesso e ai miei lettori. E dovrebbe anche aver capito che in politica ho le mie idee, ma non abbraccio «cause» a priori, dove per cause si intendono capi di governo o leader di partito”.
“Dunque, se oggi Lei per «causa» intende Mario Draghi, certo, Le confermo che apprezzo e stimo l’attuale premier. Ma l’apprezzamento e la stima (come del resto capitava anche per Lei) non mi fanno velo quando ne giudico gli atti di governo. Per averne prova, vada a leggere gli ultimi editoriali che ho scritto, sui troppi silenzi di Palazzo Chigi, sui troppi ritardi nei vaccini, sui troppi errori nei viaggi consentiti all’estero, sulle troppe promesse mancate per la scuola”.
Poi il finale: “Concludendo, possiamo forse venirci incontro. Io prometto che non cadrò nella trappola dello zelo di cui scriveva Talleyrand, Lei prometta di non cadere nella Schadenfreude di cui parlava Schopenhauer. Non renderebbe un buon servizio al Paese. E soprattutto non La aiuterebbe nel compito impegnativo di cui si è fatto responsabilmente carico: e cioè (come Lei stesso mi scrive) «rifondare il Movimento 5 Stelle» e «renderlo pienamente idoneo a interpretare una nuova stagione politica». Segno evidente che finora non lo è stato”.