Matteo Renzi comizia in Parlamento sull’Europa

di Alessandro Ciancio

Bisogna «lottare contro un’Europa che sia semplice espressione di tecnocrazie e burocrazia» per poter «riprendere lo sguardo profondamente alto del sogno dei padri e dei Paesi fondatori». Ne è convinto il premier Matteo Renzi che ieri è intervenuto alla Camera per le comunicazioni sul Consiglio europeo, preoccupato dal rischio di una forte affermazione di partiti antieuropeisti alle elezioni di maggio. Per questo ha voluto impostare il proprio discorso sulle responsabilità del nostro paese nei confronti dell’Ue e non su quelli che ha sostanzialmente definito luoghi comuni populistici: «Domani – ha detto – all’ordine del giorno del consiglio europeo c’è la situazione economica, in attesa che i documenti dei vari governi siano vagliati ad aprile dalla commissione europea. Su questo punto è fondamentale che si esca da una visione per cui l’Europa ci controlla i compiti o ci fa le pulci. L’Europa – ha ribadito – non è un’istituzione altra rispetto a noi. Prima saremo in grado di affermare che Italia ed Europa, a dispetto di un certa propaganda, non sono due controparti ma sono sulla stessa barca, meglio è. O siamo in grado di tenere insieme due battaglie di risanamento e crescita o non c’è spazio per la politica, resta una visione tecnocratica. Non possiamo pensare che l’Ue sia il nostro alibi». Per questo motivo, il premier ha posto l’accento sulle cose che il nostro Paese deve assolutamente fare nei prossimi mesi, a partire dalla riforme di giustizia civile e fisco: «Se vuole essere un soggetto credibile in Europa, l’Italia deve cambiare se stessa. La delega fiscale e il tema della giustizia dovranno essere affrontati prima di luglio».
Quanto al tema obbligato del mercato del lavoro, ha ribadito quanto la disoccupazione giovanile sia «a livelli atroci e gridi vendetta». E in sede di replica ha ribadito che il governo ha immaginato per il pacchetto di riforme coperture molto ampie, molto più ampie rispetto all’impegno fiscale. «Non è necessario uno sforamento del 3 per cento con un’eventuale possibile modifica dal 2,6 al 3%». Inoltre, il premier ha polemizzato con i deputati della Lega, «nazionalisti a giorni alterni, come le targhe», che lo hanno accusato di andare in Europa col cappello in mano: «Umiliate quegli imprenditori del Nord-est che sono il cuore pulsante del Paese e quella parte produttiva che ha bisogno di essere rappresentata da forze progressiste».

Dibattito pre-elettorale
Si è così diffusa in Aula la sensazione che quello di ieri sia stato l’ennesimo intervento pre-elettorale del segretario del Pd, in cerca di un largo consenso alle prossime europee. Non a caso le riforme che contano hanno una scadenza che travalica le urne del 25 maggio. Di concreto, insomma, il Rottamatore non ha ancora portato nulla all’attenzione del Parlamento. «L’avevamo chiamata qui, signor presidente del Consiglio, per chiarire sui conti pubblici e da lei non è arrivata alcuna chiarezza, alcun chiarimento sui conti del nostro Paese» lo ha infatti rimbrottato Renato Brunetta, capogruppo dei deputati di Forza Italia. «Lei era anche qui, come prassi, per avere un mandato da quest’Aula rispetto alle sue intenzioni relativamente al Consiglio europeo di domani, ma anche su questo noi non abbiamo sentito nulla. Abbiamo purtroppo sentito il solito repertorio, un po’ meno scoppiettante del solito, senza mani in tasca. Un repertorio che sta diventando stucchevole nel non dire, nel parlare d’altro». Altrettanto dura la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che ha denunciato come «il nuovo sogno italiano che Renzi continua ad alimentare nei suoi interventi si trasforma nei fatti nell’incubo della spending review di Cottarelli». E ancora: «Solo pochi mesi fa il presidente del Consiglio aveva inserito nel suo programma di candidatura alle primarie Pd il superamento del parametro del 3% deficit/Pil, eppure una volta a Berlino si è limitato a dire alla Merkel ‘signorsì signora’. Non una parola, non un passaggio sulla necessità di rivedere i patti europei, Maastricht, fiscal compact e fondo salva-Stati» ha attaccato, spiegando come nell’azione del Rottamatore non vi sia traccia di alcuna discontinuità con i governi Monti e Letta. «Francamente diventa ogni giorno più difficile riuscire a dare fiducia a un presidente del Consiglio nominato e non eletto, che dovrebbe salvare l’Italia dalla crisi e portarci nella Terza Repubblica e che invece si dimostra totalmente asservito ai diktat di Bruxelles e della Bce». La campagna per le elezioni europee è appena iniziata…