Maxi pensioni per i politici. La liquidazione è nel vitalizio

di Sergio Patti

Buonuscita. Una parola magica nelle aziende, anche decotte. Ma altrettanto d’oro in politica, soprattutto nelle Regioni, da sempre grandi dispensatrici di generosi vitalizi. E pazienza se un comune cittadino deve metterci decenni per ottenere l’assegno dell’Inps o di un qualunque altro ente. Nel Lazio sono bastati i pochi mesi della breve legislatura di Renata Polverini per far maturare la pensione ai consiglieri regionali. Così oggi abbiamo migliaia di vitalizi pubblici, dunque pagati dalle tasse di tutti noi, spesso assegnati a ex politici che già vivono nell’oro. Due casi che lasciano sbigottiti, segnalati nei giorni scorsi da Repubblica.it sono quelli del presidente della Fondazione di origine bancaria Cariplo e dell’Acri, Giuseppe Guzzetti e dell’industriale Benito Benedini. Il primo, grande elemosiniere (con i soldi della Fondazione) di iniziative benefiche in Lombardia si porta a casa ogni mese 4 mila e 782 euro. Bisogna spremere le meningi per ricordare i suoi anni in Regione (1979-’87). Da allora questo signore che nella sua posizione è l’azionista forte di Banca Intesa San Paolo (mica bruscolini!) percepisce una cifra che milioni di italiani non guadagnano dopo 40 di lavoro e contributi versati.

Senza equità
Per chi ha in testa l’idea di uno Stato equo, che chiede sacrifici ai poveri ma non lascia su un piedistallo i ricchi e potenti, sembra altrettanto incredibile la pensione erogata all’industriale Benito Benedini, presidente dei Cavalieri del Lavoro, ex presidente di Assolombarda, oggi alla guida della Fondazione Fiera di Milano. Ai tempi della Prima repubblica, Benedini fece il consigliere in Regione Lombardia, eletto – pensate! – con il Partito Repubblicano. Per quella esperienza che affonda nella notte dei tempi, Benedini prende ancora 2 mila 331 euro lordi al mese. A fargli compagnia personaggi come Giampiero Borghini, sindaco di Milano per un anno, ex assessore eletto anche lui nel Partito repubblicano, regionale e poi city manager di Letizia Moratti a Palazzo Marino. Per lui ogni mese arriva un bonifico da 5mila 898 euro lordi. E che dire di Carlo Ripa di Meana, consigliere regionale del Psi alle prime elezioni regionali nel 1970 e di cui poi in Lombardia si sono perse le tracce? Oggi percepisce 2mila 391 euro lordi mensili, che cumula con gli altri redditi da politica purtroppo per lui però insufficienti a vivere, visto che in una recente intervista si è lamentato con la Moglie Marina di non farcela con appena 12 mila euro al mese. Chissà allora come se la passa male il ciellino Luciano Valaguzza, l’ex consigliere in Lombardia che percepisce solo 6 mila 319 euro lordi, dal luglio 2005, e risulta così l’ex consigliere regionale lombardo più pagato.
Dal Nord al Centro, il Lazio è l’unico ente d’Italia in cui un consigliere non rieletto può avere il vitalizio a 50 anni. Con casi limite, come ha ricordato il quotidiano Il Tempo in una recente inchiesta. Il vitalizio, infatti, è esteso anche agli assessori esterni, cioè nominati direttamente dal presidente della Giunta. Un regalo – a spese nostre – deciso dall’ex governatrice Polverini (fino alla presidenza di Piero Marrazzo gli assessori esterni non avevano diritto alla pensione). Ma è il vitalizio a consiglieri che hanno lavorato appena pochi mesi che in questi tempi di sacrifici, esodati e pensioni non rivalutate, lascia attoniti. È il caso di Luigi Abate, ex consigliere della lista civica Polverini ed ex capo dei vigili del fuoco di Roma, che prende 2.878,95 euro al mese; Mario Brozzi, ex medico della Roma e capogruppo della lista della governatrice: 2.854,48 euro; Stefano Cetica, ex assessore al Bilancio: 2.822,43 euro, Giuseppe Melpignano e Gilberto Casciani, altri «civici» della Polverini, rispettivamente con 2.911,40 e 2.900,66 euro.

Lazio generoso
Ovviamente la pensione è democratica e tocca a tutti, qualunque sia il partito. E più si è stati in sella, più si guadagna. Pensiamo a Roberto Carlino (Udc), quello tutte le sere in tv con gli spot della sua azienda che “non vende sogni ma solide realtà”. Per lui ogni mese c’è un assegno di 4.881,47 euro. Nello stesso partito, l’ex vicepresidente del Lazio Luciano Ciocchetti prende 3.249,69 euro al mese, che cumula con la pensione da parlamentare, altri 3.407,30 euro. Perché se si è stati parlamentari e consiglieri regionali le pensioni non si integrano, ma si sommano, creando così vitalizi mostruosi, come nel caso di Giuliano Amato, che incassa più di 30mila euro di pensione al mese. Poca roba rispetto ai privilegi che troviamo spostandoci più giù, al sud.

Stipendificio Ars
In Sicilia la Regione è uno stipendificio senza vergogna. Qui a prendere pensioni da sogno non sono solo gli ex politici, ma anche i dirigenti regionali. Un caso eclatante è quello di Felice Crosta, che dopo pochi mesi al vertice dell’Agenzia per i rifiuti è andato in pensione con 41 mila euro al mese, ovvero 1400 euro al giorno, come evidenziato in un’altra inchiesta del Fatto Quotidiano. L’assegno è stato poi ridotto a 219 mila euro l’anno. Avrà tempo per godersi la pensione anche Giovanni Tomasello, ex segretario generale dell’Assemblea regionale Siciliana, oggi 57 anni, baby pensionato come il pari grado Pier Camillo Russo, a riposo da quando ha compiuto 47 anni. Un privilegio ottenuto perché la Regione premia quei dirigenti che devono accudire un parente malato. E guarda caso il papà di Russo non stava tanto bene. Così come non stava bene la madre del capo di gabinetto Cosimo Aiello, per questo motivo andato in pensione a 51 anni. Privilegi per chi vive di politica o accanto alla politica. Purtroppo.