Meglio una multa che una donna in azienda

di Lisa Zanardo

Per una volta la norma parla chiaro: “Dal 28 luglio 2012, in occasione del loro rinnovo, i Consigli di Amministrazione delle aziende quotate e delle società a partecipazione pubblica dovranno essere composti per un quinto da donne. Dal 2015 la quota rosa dovrà salire a un terzo.”
Discusso e discutibile, l’articolo 2 della legge n. 120/2011, noto come accordo bipartisan “Golfo-Mosca”, non ammette repliche e prelude a guai seri per le aziende inadempienti presenti a Piazza Affari: saranno diffidate dalla Consob, che le obbligherà a ridisegnare i Cda per adeguarsi alla legge. Se non accadrà nulla scatteranno le multe: da 100 mila euro a 1 milione per i Cda e tra 20 mila e 200 mila euro per i collegi sindacali. Le imprese che non si adegueranno vedranno annullati anche i loro organismi di controllo.

Richiami inascoltati
C’è di che preoccuparsi, eppure il Nordest, terra di impresa-famiglia-campanile, è ostinatamente sordo ai richiami. Le figure femminili sono un prezioso punto di riferimento nella Piccola e media impresa, ma restano fuori dalla stanza dei bottoni delle grandi aziende del Triveneto. Su 22 società quotate, soltanto 3 hanno rinnovato i propri Consigli di Amministrazione con quote rosa annesse. Il confronto è impietoso persino rispetto alla media Paese: su 226 consiglieri di amministrazione, che guidano le 22 Big nordestine, le signore sono soltanto 17, un esiguo 7%, la metà esatta rispetto alla media Italiana, che rileva un 14%, ragionevolmente insufficiente.
La ricerca dell’escamotage è infinita: la Danieli, colosso friulano dell’acciaio, ha recentemente ridotto da 6 a 5 i propri consiglieri, mantenendo la posizione nel board per l’unica donna già presente, ed ottemperando senza troppo brainstorming al 20% di legge.

Chi si adegua
E’ del 21 maggio la nomina di Franca Bertagnin Benetton (figlia di Giuliana) e di Sabrina Benetton (figlia di Gilberto) nel rinnovato consiglio del gruppo trevigiano dell’abbigliamento.
Cooptare mogli, madri, figlie degli azionisti sembra il trend più accreditato in un territorio che opera all’insegna dell’improvvisazione ma pullula di professioniste.
Gli avvocati del gentil sesso hanno numericamente superato i colleghi, le commercialiste rappresentano oltre il 30% degli iscritti al loro Ordine, in alcuni rami dell’Ingegneria operano un quinto di professioniste in gonnella.

Curricula online
Incrociare domanda ed offerta non dovrebbe essere complicato: l’Ordine dei commercialisti di Treviso ha pubblicato online i curricula delle professioniste disponibili, e si auspica che anche gli altri albi ed associazioni di categoria seguano questa buona pratica.
Si registrano anche corsi formativi presso le Camere di Commercio (Padova e Treviso in primis), utili ad esercitare alla leadership ed al pubblico eloquio le papabili dei consigli di amministrazione.
Persino le dame della Bellisario si sono fatte parte diligente nel selezionare e promuovere 1.000 Curriculum in rosa di eccellente spessore e di eterogenea preparazione culturale.
Nel 1994 Harvard ha paragonato il Nordest alla Silicon Valley statunitense, per la sua crescita a doppia cifra; in pochi lustri lo scenario si è capovolto, se è vero che nel triennio terribile, 2008-2011, 80.000 lavoratori veneti hanno perso il loro posto di lavoro.
Un territorio che in un angolo piange la crisi, d’altro canto sfugge all’innovazione: Coin, Marzotto, Geox sono solo alcuni dei nomi illustri che presentano una dirigenza al 100% maschile. Eppure il monito internazionale è chiaro: dove la donna pesa, la crisi si alleggerisce; secondo Fortune 500, le imprese dirette da donne presentano profitti del 35% superiori alle altre.
La norma incombe, i dati confermano, le risorse scalpitano, ma la (ex?) locomotiva del Paese sbuffa all’indietro.