“Meloni nega scontri coi pm, ma sono le sue leggi a smentirla”: l’intervista a De Raho

Parla l'ex procuratore e oggi deputato M5s Federico Cafiero De Raho: "Meloni attacca la magistratura per giustificare una riforma sbagliata".

“Meloni nega scontri coi pm, ma sono le sue leggi a smentirla”: l’intervista a De Raho
A parole Meloni nega di volere uno scontro con la magistratura ma poi quando deve difendere i suoi non fa altro che attaccarla. Federico Cafiero De Raho, deputato M5S ed ex procuratore nazionale Antimafia, come giudica questo atteggiamento?
“Tutta la normativa che la premier vuole adottare è un attacco ai magistrati. La stessa separazione delle carriere vuole indebolirli, probabilmente per sottometterli al controllo politico. Per non parlare del fatto che ogni volta che la magistratura, sia ordinaria che amministrativa, interviene, allora l’esecutivo annuncia una legge per impedire alla magistratura di fare il proprio dovere. L’unica lettura che si può dare a questo modo di agire è che per loro il potere giudiziario deve essere zittito e asservito alle volontà politiche”.
Dal canto suo Mattarella ha espresso solidarietà ai magistrati convocando al Quirinale i vertici della Cassazione, di fatto ammettendo l’esistenza di un conflitto tra toghe e maggioranza. Ha fatto bene a prendere posizione?
“Al momento non ho notizie per dire se il Presidente della Repubblica ha preso posizione. Mi limito a constatare i fatti, ossia che ha convocato il presidente della Corte di Cassazione e il procuratore generale. Cosa abbia detto o pensato di dire, io non lo so. Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio superiore della magistratura, e ha un ruolo di garanzia e di tutela dell’intero ordine giudiziario”.
Intanto il governo insiste sulla riforma della Giustizia di Nordio. La stessa che per l’Associazione nazionale magistrati ha un intento “punitivo” nei confronti delle toghe. Ci può spiegare in cosa sarebbe punitiva?
“È una riforma che non fa nulla per rafforzare la tutela dei cittadini che subiscono dei torti e per velocizzare e rendere più efficiente la giustizia. I veri obiettivi che dobbiamo porci sarebbero questi, ma Nordio e Meloni guardano altrove. E’ punitiva perché in vari aspetti rende più difficile, meno efficace se non impotente l’attività del magistrato. Inoltre è un progetto che indebolisce il contrasto alla corruzione. Mi riferisco all’abrogazione dell’abuso d’ufficio e al ridimensionamento del reato di traffico illecito di influenze, che vanno nella direzione opposta a quella che ci chiede l’Europa. La proposta di direttiva della Commissione UE chiede che tutti i Paesi adottino il reato di abuso d’ufficio. Un reato, tra l’altro, specificamente previsto dalla Convenzione contro la corruzione delle Nazioni unite che risale a oltre vent’anni fa, che il nostro Paese ha sottoscritto. Indebolire il contrasto della corruzione, oltre ad allontanarci dal resto della comunità internazionale, mette a rischio la difesa del principio di uguaglianza. Così facendo stanno togliendo ai cittadini la possibilità di difendersi proprio dai pubblici ufficiali che commettano abusi di potere a loro danno. In parole povere togliere quel reato significa auto assolversi perché l’abuso d’ufficio è proprio l’abuso del potere pubblico contro il cittadino”.
Cambieranno anche le misure cautelari. In che modo?
“Si pensa di modificare il codice di procedura penale in relazione alle misure cautelari introducendo un collegio, composto da tre giudici e non più da uno solo come avviene ora, al quale è rimesso il compito di valutare la sussistenza dei presupposti per la misura cautelare. Ma deve sapere che i ritardi della giustizia di cui tanto si parla discendono proprio dalla carenza degli organici e che già oggi mancano all’appello ben 1500 magistrati. Nordio in tal senso prevede di integrarne solo 250 ma non sembra tenere in conto il fatto che laddove intervengono tre giudici su un’ordinanza cautelare, questi stessi non potranno intervenire per il giudizio. Già questo basta a capire che i problemi di organico aumenteranno. Ma c’è di più: secondo il Ddl Nordio, prima di eseguire una misura cautelare, il giudice deve interrogare la persona e quindi depositare gli atti su cui la stessa si fonda. Quindi il giudice dovrà avvisare l’indagato cinque giorni prima, dandogli il tempo di scappare o inquinare le prove. Ma le sembra normale?”.
E sulle intercettazioni?
“Potranno essere pubblicate su giornali, e quindi conosciute dai cittadini, solo quelle il cui contenuto sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. Di fatto gli italiani saranno tenuti all’oscuro di molti fatti di interesse pubblico e di grande importanza per la legalità. Inoltre, i giudici dovranno stralciare dai brogliacci e dai loro provvedimenti i riferimenti alle persone terze estranee alle indagini. Ma a volte il reato si evidenzia proprio attraverso quel modo di agire, penso ai reati contro la pubblica amministrazione che tra i loro presupposti prevedono l’esistenza di una rete di relazioni che consente al soggetto di commetterli. Quindi sapere con chi parla il soggetto indagato e con chi si frequenta è importante sia in fase processuale che fuori dal processo”.
Sui casi giudiziari che agitano la maggioranza, Meloni ha difeso a spada tratta i suoi. Su Delmastro ha tuonato contro l’imputazione coatta e su Santanché contro il fatto che quest’ultima ha saputo dell’esistenza dell’indagine dai giornali. “Storture” procedurali, secondo la premier, su cui ha promesso un intervento del governo…
“È grave che dopo la decisione del giudice si tuoni a difesa di Delmastro contro l’imputazione coatta, affermando addirittura che essa deve essere riformata. Si badi bene, si tratta di una norma che esiste da sempre nel Codice di procedura penale. Quanto alla ministra Santanché, si accusano i magistrati senza alcuna prova della loro eventuale responsabilità. Addirittura vengono accusati di iniziare una campagna elettorale, il che è gravissimo in quanto evidenzia un conflitto tra poteri dello Stato che lede profondamente gli equilibri della nostra democrazia. La mia sensazione è che si accusano i magistrati con il preciso intento di conseguire il risultato sperato, ossia portare a casa una riforma della giustizia che sia apparentemente punitiva per la magistratura ma in realtà gravemente punitiva per il cittadino. Indebolire la magistratura significa togliere al cittadino l’unica difesa che ha nei confronti di chi esercita con arroganza e prepotenza il suo ruolo pubblico”.