Conflitti d’interessi e nepotismo, ecco il governicchio Meloni. Il lobbista Crosetto alla Difesa, Sud senza portafoglio e Santanchè dal Twiga al Turismo

Meloni vara il governicchio tra conflitti d’interessi e nepotismo. Il lobbista Crosetto alla Difesa e Sud senza portafoglio

Conflitti d’interessi e nepotismo, ecco il governicchio Meloni. Il lobbista Crosetto alla Difesa, Sud senza portafoglio e Santanchè dal Twiga al Turismo

Non voleva fare il Governo dei migliori ma “mettere i migliori al Governo”. Tra il dire e il fare, però, c’è stato di mezzo il mare. O meglio, Salvini e Berlusconi. Come dimostra la modesta squadra di Giorgia imbottita di vecchie facce della politica e qualche tecnico sconosciuto.

Salvini non incanta più ed è ridimensionato

Il Viminale gli è sfuggito. Pesa troppo il processo in corso con l’accusa di avere lasciato una nave di disperati alla deriva (proprio da ministro) e insospettisce la sua voglia di voler usare l’immigrazione per bastonare i suoi alleati e i suoi competitor interni al partito. Matteo Salvini si accomoderà al ministero dei Trasporti, dopo avere perso perfino il ministero all’Agricoltura e dopo avere insistito per quello alle Infrastrutture con il sogno di essere ricordato come “quello del ponte di Messina”. Ma del ministero ai Trasporti Matteo Salvini abuserà, come suo solito, per fare propaganda sulla pelle dei migranti provenienti dal Mediterraneo. Non sono troppo lontani i tempi in cui nel primo governo Conte faceva a gara con Danilo Toninelli per intestarsi le chiusure dei porti e ora vorrebbe giocarsi la stessa partita a ruoli invertiti. Al Viminale tra l’altro ritroverebbe il suo ex capo di Gabinetto Matteo Piantedosi, uomo che arriva dalla pubblica amministrazione e che non sarà facile oscurare con la propaganda. Pronti alla retorica del Capitano, insomma.

Moderato ma non troppo, la rivincita di Giorgetti

Un giorno gli analisti politici troveranno il segreto per cui Giancarlo Giorgetti sia stato per così tanto tempo considerato “quello bravo” nella Lega. È vero che spicca per moderazione ma in un partito in cui Salvini balla in spiaggia l’inno nazionale e il presidente della Camera Lorenzo Fontana ammicca ai nazisti di Alba Dorata non è un compito troppo difficile. Di sicuro Giancarlo Giorgetti è stato a lungo l’uomo di cui si fidava all’interno della Lega Matteo Salvini. È l’unico leghista di cui si fida Silvio Berlusconi ed è stato apprezzato dall’eco presidente della Repubblica Napolitano che lo infilò nel “Gruppo dei saggi” nel 2013. Bossi lo definiva “un pretino”. Diceva: “Se gli danno delle tangenti lui le riporta indietro”. E in effetti questo successe. Nel 2004, in mezzo ai soliti scandali delle banche, Giampiero Fiorani si presentò con 50 mila euro. Lui non mosse dito. Ma alla sera lo richiamò: “venga a riprendersi i soldi”. Molto vicino a Draghi, sarà ministro all’Economia. Sempre a proposito del cambiamento omeopatico che ha promesso questa destra.

C’è un lobbista alla Difesa, Crosetto l’ha spuntata

Un fuoriclasse tra quelli che hanno lasciato la politica e invece la politica continuano a farla. Guido Crosetto, 58 anni, da Cuneo, continua a essere il “federatore” e “il volto pulito” di Fratelli d’Italia che ha contribuito a fondare (insieme a Meloni e La Russa) e di cui è stato il primo presidente. Arriva dalla Dc, entra in Parlamento con Forza Italia nel 2001 ed è sottosegretario alla Difesa nel Berlusconi IV dal 2008 al 2011. Rieletto nel 2018 un anno dopo decide di dimettersi per dedicarsi “in toto all’attività di imprenditorie”. Da ritirato dalla politica però continua a comparire in tutte le televisione per recitare la parte moderata della destra, la faccia pulita che nasconde il nuovo nero che avanza. Di professione è lobbista per l’industria delle armi, da presidente dell’Aiad, la Federazione, membro di Confindustria, in rappresentanza delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza. In piena pandemia suo figlio Alessandro ha fondato una società che lavora con industrie rappresentate dal padre nel suo ruolo di presidente di Aiad. Perfetto alla Difesa, alla faccia del conflitto di interessi.

Piantedosi al Viminale, il Capitano felice a metà

Matteo Piantedosi è un tecnico, ritenuto in quota Lega, che sin dalle prime indiscrezioni sulla futura squadra di Governo è apparso in pole position per il ruolo di ministro dell’Interno. Un nome gradito a Giorgia Meloni che gli riconosce grandi capacità ed esperienza ma che piace ancora di più a Matteo Salvini che, costretto a rinunciare alle sue mire sul Viminale, vede in Piantedosi un uomo di sicuro affidamento. Del resto i due hanno già collaborato proficuamente quando il Capitano, durante il governo gialloverde, ha ricoperto il ruolo di ministro dell’Interno e Piantedosi quello di suo vice capo di gabinetto. Periodo quello in cui quest’ultimo ha appoggiato – almeno pubblicamente – le posizioni del leader leghista in fatto di migranti, arrivando perfino a difenderlo durante il processo a carico del Capitano in cui si ipotizzava il sequestro di persona a carico di 107 migranti a bordo della Open Arms.

Alla Giustizia Nordio, l’ex pm sgradito ai colleghi

Carlo Nordio, eletto in quota Fratelli d’Italia, è un ex magistrato che la premier in pectore ha individuato come il profilo migliore per ricoprire il ruolo di guardasigilli. L’ex togato, oggi in pensione, ha da sempre intrattenuto un rapporto conflittuale con la magistratura tanto da aver più volte detto che sia nell’Associazione nazionale magistrati che nel Consiglio superiore della magistratura, a comandare sono le correnti e quindi in entrambi “a farla da padrone è la politica”. Inoltre Nordio ha spesso sostenuto posizioni molto garantiste che gli sono valse il plauso del Centrodestra ma non quello dei suoi ex colleghi che, stando a quanto trapela, nelle chat private sono già in preallarme. Proprio quest’ultimi non gli perdonano neanche il recente incontro con Silvio Berlusconi a Villa Grande in cui i due avrebbero concordato un piano di riforma della Giustizia e che viene giudicato dalle toghe italiane come “uno sgarbo istituzionale”.

Tajani alla Farnesina, malgrado Silvio

Come da pronostici Antonio Tajani, fedelissimo di Silvio Berlusconi, è finito alla Farnesina. Durante la sua carriera politica si è spesso distinto come la parte maggiormente moderata e governista di Forza Italia. Eppure, malgrado ciò, la sua candidatura recentemente era finita nell’occhio del ciclone a causa delle dichiarazioni filoputiniane del suo leader di partito. Proprio alla luce delle frasi shock di Berlusconi, arrivato addirittura ad incolpare Volodymyr Zelensky per la guerra in Ucraina come si sente in alcuni audio registrati a sua insaputa, in molti si sono lamentati giudicando politicamente insostenibile il conferimento dell’incarico di ministro degli Esteri a un esponente di Forza Italia. Ma Meloni ha tirato dritto e complici i numerosi attestati di stima arrivati da Bruxelles, il numero due di Forza Italia è stato confermato alla guida della Farnesina.

Bernini all’Università e i docenti già la bocciano

Alla fine Anna Maria Bernini non è andata al ministero dell’Istruzione, toccato al leghista Giuseppe Valditara, ma questo non significa che non si occuperà del sistema della formazione. Già perché per la fedelissima di Silvio Berlusconi, su cui il Cavaliere non ha voluto sentir ragioni ritenendola indispensabile per l’Esecutivo, all’ultimo secondo si sono spalancate le porte per il ministero dell’Università dove, a quanto pare, dovrà trovare il modo di fare breccia nel mondo accademico che non sembra ritenerla adatta allo scopo. Come rivelato a La Notizia dal professore Domenico De Masi, infatti, “Istruzione, Università e Cultura” per il Centrodestra sono “dicasteri di scarsa importanza tanto che come possibili ministri sono stati fatti nomi, come quello della Bernini per l’Università o l’Istruzione, che sono del tutto inadeguati”.

Da cognato a ministro, Lollobrigida in squadra

Francesco Lollobrigida è un fedelissimo – nonché cognato – di Giorgia Meloni e ha accompagnato la leader lungo tutta la trionfale cavalcata che l’ha portata a Palazzo Chigi. Un legame professionale strettissimo che gli è valso la nomina a ministro dell’Agricoltura a cui ambiva Salvini. Un nome, quello di Lollobrigida, che recentemente ha fatto discutere per alcune dichiarazioni – ritenute incaute – circa la volontà del futuro Governo di mettere mano alla Costituzione. In particolare non ha escluso di “rivisitare” la norma che limita la sovranità del diritto comunitario su quello nazionale che, come hanno spiegato molti esperti, se approvata finirebbe per entrare in conflitto con l’Unione europea.

Dopo dossier e smentite, Urso approda al Mise

Da presidente del Copasir a ministro dello Sviluppo economico. Sul fatto che il meloniano Alfonso Urso avesse fatto parte della squadra di Governo non c’erano mai stati dubbi. Eppure il suo nome era finito recentemente al centro di alcune polemiche dopo la pubblicazione di un report da parte del Corriere della Sera in cui venivano elencati i nomi di personaggi ritenuti vicini a Vladimir Putin e che, sempre secondo il quotidiano di via Solferino, costituiva una sorta di lista di proscrizione compilata dai servizi. Una tesi che Urso ha smentito con forza spiegando anche che “non c’è nessuna attività d’intelligence sulle persone” e che quello pubblicato “è un semplice report fatto da un tavolo interministeriale creato nel 2019”.

Schilacci beffa Ronzulli, la Sanitò a un tecnico

Si è conclusa con una sorpresa la battaglia per il ministero della Salute. Tra i tanti nomi circolati, infatti, alla fine l’ha spuntata il rettore dell’Università di Tor Vergata, Orazio Schillaci, che al foto finish è stato preferito a Francesco Rocca della Croce Rossa e Guido Bertolaso. Un dicastero su cui per settimane si è consumato un duro scontro tra Silvio Berlusconi che chiedeva di affidarlo a Licia Ronzulli e la Meloni che non ne voleva sapere. Alla fine la scelta è ricaduta su Schillaci, 56 enne romano, che oltre a essere docente ordinario di medicina nucleare, nel 2020 è stato inserito dall’ormai ex ministro Roberto Speranza nel Comitato scientifico dell’Istituto superiore di sanità.

Ambiente ed energia, arriva Picchetto Fratin

Berlusconiano doc, commercialista, ma anche un passato da professore di ragioneria. Gilberto Pichetto Fratin, classe 1954, laureato in Economia e Commercio all’Università degli studi di Torino, ex senatore, vice di Giorgetti allo Sviluppo economico del governo Draghi. È un uomo dei conti, e ha sempre svolto attività professionale come consulente d’impresa nel ramo societario, fiscale, per imprese e professionisti. Ma il suo percorso politico inizia presto nel suo Piemonte: consigliere comunale a Gifflenga, in provincia di Biella, nel 1975. Poi vicesindaco di Biella, consigliere regionale del Piemonte, sempre con FI, assessore all’Industria e al Commercio. Entra in Parlamento nel 2008 come senatore del Popolo della Libertà. Prima e dopo essere stato eletto al Senato riveste cariche pubbliche nelle amministrazioni comunali e regionali. Nel 2018 torna in Senato con Forza Italia. Ora per lui il dicastero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

Calderone al lavoro, fioccano i conflitti

L’arrivo al dicastero del Lavoro di Marina Elvira Calderone, presidente del Consiglio dell’Ordine dei consulenti del Lavoro, ha sollevato più di un dubbio sui suoi conflitti d’interesse. Il primo ha già sortito i suoi effetti. Rosario De Luca, suo marito e collega ai vertici dell’Ordine, era anche nel consiglio di amministrazione dell’Inps, istituto vigilato proprio dal ministero del Lavoro. Un conflitto tanto evidente che si è risolto ieri con le dimissioni di De Luca dal Cda guidato da Pasquale Tridico. Ma per Calderone le contraddizioni non finiscono qui. Da ministro del Lavoro sarà chiamata a occuparsi del Reddito di cittadinanza. Da capo del Consiglio dell’Ordine professionale ha proposto di coinvolgere tra le agenzie chiamate a trovare un lavoro ai beneficiari del sussidio anche gli stessi consulenti del lavoro. Quindi rischia – qualora dovesse dare seguito a questa proposta – di favorire gli iscritti all’ente che oggi presiede. Staremo a vedere.

Santanchè al Turismo, potrà tutelare il suo twiga

Che “la pitonessa”, ovvero Daniela Santanchè, possa arrivare a guidare il dicastero del Turismo solleva subito polemiche sul conflitto di interessi che ha nel demanio marittimo. Santanché, infatti, gestisce assieme a Flavio Briatore, il Twiga, lo stabilimento balneare a Marina di Pietrasanta, che paga un canone irrisorio di 17 mila euro l’anno e da cui secondo l’ultimo dato consultabile, che risale al 2019, frutta circa 4 milioni di euro. Vale a dire un valore 227 volte maggiore rispetto all’investimento sostenuto. Che Santanché non abbia i conti in regola lo dimostra un altro fatto. Dopo che già gli esperti di Bdo, a giugno, si erano detti “impossibilitati a esprimere un giudizio” sul bilancio del 2021 della sua società, Visibilia Editore, la storia si ripete con Rsm. Che non firma i conti semestrali, chiusi con 0,6 milioni di perdita e un indebitamento finanziario netto di 3,9 milioni.

Un caso di porte girevoli, Sangiuliano alla Cultura

Giornalista e scrittore, Gennaro Sangiuliano, al timone del Tg2 dal novembre del 2018, è il nuovo ministro della Cultura. Un classico caso di porte girevoli. Nominato alla direzione del Tg2 in quota centrodestra adesso viene promosso con un dicastero di peso e di tutto rispetto. Napoletano doc, classe 1962, Sangiuliano nonostante la formazione giuridica, coltiva una vera e propria passione per la storia contemporanea, pubblicando una serie di saggi accanto all’attività giornalistica. Attività quest’ultima che prende corpo nei primi anni Novanta quando inizia a lavorare a L’Indipendente. Dal 1996 al 2001 è direttore del quotidiano Roma e poi vicedirettore di Libero. Entrato in Rai nel 2003 come inviato della testata Regionale e capo servizio, nel 2004 viene trasferito a Roma all’Agenzia nazionale della Tgr dove diventa prima vicecaporedattore (2005) e in seguito caporedattore (2007). Nel 2009 passa al Tg1 dove diviene vicedirettore.

Un giurista all’Istruzione, arriva il leghista Valditara

Giuseppe Valditara è il nuovo ministro dell’Istruzione. Ordinario di Diritto Romano presso l’università di Torino è stato candidato dalla Lega nelle ultime elezioni, non risultando eletto. Tra i consiglieri più vicini di Matteo Salvini, ha una storia politica tutta nel centrodestra, partendo proprio dal mondo della Lega. Poi l’avvicinamento a Pinuccio Tatarella e al mondo di Alleanza Nazionale e il debutto in politica, con l’elezione a Roma. Diventa senatore e resta a Palazzo Madama dal 2001 al 2013, per tre legislature. A Viale Trastevere Valditara è già stato nel 2018, come capo dipartimento per la Formazione superiore e la ricerca al Miur nel dicastero guidato dal leghista Marco Bussetti, durante il Conte I.

I ministri senza portafoglio

Questi sopra elencati sono i ministri con portafoglio, ai quali se ne aggiungono nove senza portafoglio. Si tratta di Luca Ciriani (Rapporti con il Parlamento); Paolo Zangrillo (Pubblica amministrazione); Roberto Calderoli (Affari regionali ed autonomie); Nello Musumeci (Politiche del Mare e Sud) e Raffaele Fitto (Affari Ue, politiche di coesione e per il Pnrr); Andrea Abodi ( Sport e giovani); Eugenia Maria Roccella ( Famiglia, natalità e pari opportunità); Alessandra Locatelli (Disabilità) e Maria Elisabetta Alberti Casellati (Riforme istituzionali). Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sarà Alfredo Mantovano.