Nel Regno Unito di Keir Starmer, il partito nato dalle lotte dei lavoratori ha scelto di combattere il lavoro irregolare trasformando le piattaforme di delivery in agenti di polizia amministrativa. Il 22 luglio il governo ha firmato con Deliveroo, Just Eat e Uber Eats un accordo che va oltre i controlli interni già esistenti: l’Home Office condivide con le aziende la posizione degli “asylum hotels”, gli edifici turistici o dismessi riconvertiti in alloggi per richiedenti asilo, per incrociare i dati con le rotte dei rider e individuare chi lavora senza permesso. In parallelo, sono stati introdotti controlli biometrici giornalieri e tecnologie anti-frode avanzate.
In una sola settimana di operazioni, dal 20 al 27 luglio, sono stati effettuati 1.780 controlli, 280 arresti e revocati i sussidi a 53 richiedenti asilo. Il governo rivendica un +50% di ispezioni per “illegal working” e promette di estendere l’obbligo di verifiche anche a tutti i lavoratori della gig economy, con sanzioni fino a 60.000 sterline per chi impiega migranti irregolari. L’impianto è chiaro: spostare sul settore privato il peso dell’enforcement, fondendo banche dati pubbliche e infrastrutture di sorveglianza aziendali.
La sorveglianza come regola
La logica dichiarata è quella di smantellare il business dei trafficanti e proteggere “i lavoratori onesti”. La realtà documentata da Refugee Council e Joint Council for the Welfare of Immigrants è diversa: vietare il lavoro regolare ai richiedenti asilo, costringerli a mesi o anni di inattività e poi criminalizzare il ricorso a lavori precari significa mantenere in vita l’irregolarità prodotta dal sistema stesso. Il Regno Unito, libero dai vincoli Ue, ha scelto di ignorare la direttiva europea sui lavoratori delle piattaforme che introduce una presunzione legale di subordinazione e limiti alla sorveglianza digitale.
Il giro di vite non si ferma ai rider. Nel White Paper del 12 maggio, il governo ha ridotto da due anni a 18 mesi il visto post-laurea per studenti internazionali, imposto controlli biometrici periodici e previsto un prelievo obbligatorio del 6% sulle rette estere da versare allo Stato. Ha inoltre alzato i requisiti per il visto di lavoro qualificato – ora serve almeno una laurea e un salario minimo più alto – e allungato da cinque a dieci anni il percorso per ottenere la residenza permanente, con eccezioni solo per alcune professioni sanitarie.
Università e lavoro sotto pressione
Gli effetti potenziali sono rilevanti: nel 2022/23 quasi metà delle entrate universitarie proveniva da studenti internazionali, ora disincentivati da costi più alti e percorsi più brevi. Per molti atenei, significa un colpo alla sostenibilità economica e alla capacità di attrarre talenti globali.
Sul piano politico, la convergenza con Donald Trump è evidente nelle modalità di enforcement, nell’uso del linguaggio del “controllo” e nella delega della sorveglianza al settore privato. Negli Stati Uniti, l’amministrazione repubblicana ha fatto di E-Verify e delle partnership con data broker un’arma contro il lavoro irregolare; Starmer ha scelto come apripista il delivery, ma con la stessa logica di rendere “frizionale” la vita lavorativa degli irregolari.
La differenza è nella scala e nella cornice giuridica: Trump punta alla deportazione di massa e alla riscrittura delle regole costituzionali, Starmer agisce all’interno dell’ordinamento britannico. Ma la direzione è simile: deterrenza, detenzione, deportazione. Con la differenza che a Londra queste politiche sono state varate da un governo laburista, mentre nelle piazze universitarie e nelle cucine dei ristoranti si fa sempre più evidente il prezzo sociale di questa scelta.