Milano è pronta a ripartire. Sala: “Ora pianifichiamo. Basta con i ‘non si può’. Scuole in altri spazi. Negozi aperti anche di sera”

“Si comincia a parlare di riapertura. Io non so quando il governo deciderà di riaprire, ma quello che so è che non voglio che Milano si faccia trovare impreparata. Per cui, si riaprirà quando si potrà, anche grazie al giudizio dei medici e degli scienziati. Però ci sono tre requisiti. Il primo è veramente banale: ce lo dovranno dire non 48 ore prima”. E’ quanto ha detto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, nel corso del consueto videomessaggio postato sulle sue pagine social. “Non è scontato. Non ci vengano a fare una comunicazione il sabato sera – ha aggiunto il sindaco di Milano -, dicendo che da lunedì si riapre. La cosa va pianificata”.

“E’ una ferita nel cuore sapere che il sistema educativo italiano – ha aggiunto Sala parlando delle scuole – è così buono in termini di offerta per i nostri ragazzi, ma in questo momento la risposta è così debole. Altri pensano di riaprire, noi diciamo ‘forse a settembre’. Qui ci vuole la capacità di aver gestito complessità e anche un po’ di fantasia. Non possiamo sentirci dire che le aule sono quelle che sono o che i professori sono quelli che sono. Di professori se ne abilitano altri, o li si paga in maniera diversa, oppure che facciano solo lezione. E come fanno lezione in via digitale, faranno il ricevimento dei genitori in via digitale. Serve inventarsi qualcosa di diverso, portare le scuole nei teatri, nei cinema, in altri spazi. Serve fantasia! Qui serve la capacità di gestire la complessità. Trovo inaccettabile l’idea che ci si arrenda di fronte a un problema, che pure è un problema grosso e che non nasce oggi, sia chiaro. Quindi non mi rivolgo solo al nostro ministero dell’Istruzione”.

“Il tema degli orari della città – ha detto ancora il primo cittadino di Milano – è fondamentale. Nelle scuole bisogna entrare scaglionati e i negozi devono aprire in maniera scaglionato e probabilmente alcuni dovranno tenere aperto di sera. O si trovano vie diverse, oppure con le nostre rigidità e i nostri ‘non si può’, perdiamo. Forse io ho fatto troppi anni nelle aziende dove la cultura del ‘non si può’ non esiste. Ecco, in questo momento, il pubblico non può dire ‘non si può”.