Milioni spariti del Carroccio. Sostegni parla e la Lega trema. Domiciliari al prestanome del caso Lombardia Film Commission. Ha riempito fiumi di verbali decisivi per le indagini

Finito al centro della vicenda giudiziaria sui fondi della Lega, Luca Sostegni ha deciso di collaborare coi pm di Milano che indagano sulla compravendita a prezzo gonfiato dell’immobile di Cormano, acquistato con soldi pubblici dalla Lombardia film commission, e per questo è stato premiato dai giudici. Una “collaborazione proficua fornita dall’indagato allo sviluppo delle indagini, unitamente alle dichiarazioni ammissive in ordine alle proprie responsabilità, che consente di ritenere intervenuto un primo affievolimento del pericolo di reiterazione ” del reato, così da “rendere allo stato adeguata (…) la misura meno afflittiva rappresentata dagli arresti domiciliari”, si legge nel provvedimento con cui il gip Giulio Fanales ha disposto la scarcerazione dell’uomo, ritenuto il prestanome del commercialista in orbita leghista Michele Scillieri.

Sostegni non è di certo un uomo qualunque ma è colui da cui tutta la vicenda sull’immobile di Cormano è partita con l’arresto rocambolesco, del 15 luglio, quando stava cercando di fuggire in Brasile. Proprio lui, infatti, sarebbe il prestanome usato dai revisori contabili in Parlamento del Carroccio, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, e dal commercialista Scillieri, noto per aver ospitato la sede della lista “Per Salvini premier”, dietro al quale i tre professionisti sarebbero riusciti a nascondere la reale proprietà di alcune società che parteciparono alla compravendita del capannone di Cormano della Lombardia Film Commission. Insomma un ruolo centrale per il quale gli inquirenti, in questi ultimi quattro mesi, lo hanno interrogato più volte per accertare i fatti. Domande a cui Sostegni non si è mai sottratto.

Anzi, rispondendo a tutto ha riempito pagine su pagine di dichiarazioni con cui, oltre puntare il dito sui tre professionisti vicini al Carroccio, ha anche fatto alcune ammissioni di colpa. Che l’uomo potesse decidere di parlare si poteva capire anche dal fatto che, come emerso dalle indagini, da qualche tempo era entrato in rotta di collisione con Di Rubba e Manzoni tanto da arrivare a minacciarli di rivelare tutto ai magistrati. Come messo nero su bianco nel decreto di fermo firmato dalla Procura di Milano, coordinata dal procuratore Francesco Greco (nella foto), “Sostegni si sentiva in qualche modo defraudato di quanto gli sarebbe spettato per la gestione della vicenda Paloschi, avendo ricevuto a suo dire solo 20mila euro a fronte di profitti enormi per gli altri; ma soprattutto reclamava perlomeno altri 30mila euro, posto che gliene erano stati promessi 50mila”. Se non avesse ricevuto quei soldi, avrebbe rivelato i dettagli della vicenda di Cormano e anche quelli su altre realtà societarie in cui è stato usato come prestanome. Proprio per questo, intercettato, diceva che così avrebbe innescato “una serie di situazioni che io non so dove si va a finire.. io per 30mila euro non so se ne vale la pena far tutto questo casino”.

LA FUORI SERIE SEQUESTRATA. Nel frattempo proseguono le indagini con gli inquirenti che continuano a dare la caccia ai soldi transitati sui conti degli indagati. Così dopo il sequestro delle due ville sul lago di Garda di Di Rubba e Manzoni, ieri i finanzieri hanno messo i sigilli pure a una Porsche d’epoca risultata intestata all’imprenditore Fabio Barbaossa che altri non è che il cognato di Scillieri. Si tratta della fuoriserie “Porsche 356 A Coupé” del 1959 che l’imprenditore ha comprato ad appena 30 mila euro, per i pm usando parte del denaro proveniente dalla compravendita del capannone di Cormano, a fronte di un valore di mercato di circa 80 mila euro.