Minieolico, chiesto il rinvio a giudizio per Siri. Il leghista avrebbe asservito i suoi poteri a interessi privati

Sembra davvero un momento difficile per Matteo Salvini e la Lega. Relegato ai margini della politica e con diverse indagini che stanno creando non pochi grattacapi al Carroccio, a partire da quella sulla Lombardia film commission e per non dimenticare quelle sulla gestione della pandemia in Lombardia, a togliere il sonno al Capitano è soprattutto l’ultima mossa della Procura di Roma che oggi ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ex sottosegretario ai Trasporti Armando Siri.

Nei confronti del fedelissimo di Salvini l’accusa è di quelle che fanno tremare i polsi: la corruzione. La richiesta del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del pubblico ministero Mario Palazzi riguarda, però, anche altre quattro persone tra cui spicca l’imprenditore ed ex parlamentare di Forza Italia, Paolo Arata, e fa riferimento ad un presunto giro di mazzette per favorire alcuni imprenditori amici.

LE CARTE. Sostanzialmente, secondo quanto messo nero su bianco dai magistrati della Capitale, il senatore leghista avrebbe asservito i suoi poteri a “interessi privati, proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia (Infastrutture, Sviluppo economico e Ambiente) l’inserimento in provvedimenti normativi di competenza governativa di rango regolamentare e di iniziativa governativa di rango legislativo ovvero proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il cosiddetto minieolico”.

Per caldeggiare gli emendamenti al Def del 2018, scrivono i pubblici ministeri, l’ex sottosegretario avrebbe ricevuto in cambio “la promessa e o la dazione di 30mila euro da parte di Arata, amministratore della Etnea srl e dominus della Soclara srl, amministrata dal figlio, società operative in quel settore”. Il secondo episodio contestato al parlamentare leghista riguarda invece il suo essersi prodigato “per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse anche in misura minima, il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse della Leonardo Spa, per future commesse”.

LA CONTESTAZIONE. In particolare il senatore leghista avrebbe esercitato “pressioni direttamente e per interposta persona sul comandante generale della Guardia Costiera Giovanni Pettorino, al fine di determinarlo a rimuovere il contro ammiraglio Piero Pellizzari dall’incarico di Responsabile unico del procedimento nell’ambito di un appalto in essere, ma in scadenza, per la fornitura di sistemi radar Vts (Vessel traffic service), essendo questi inviso alla Leonardo spa, siccome critico su alcuni aspetti della fornitura”.

Per questo l’ex sottosegretario del Carroccio, sempre secondo quanto messo nero su bianco della Procura di Roma, avrebbe ricevuto “indebitamente la promessa di ingenti somme di denaro (per il tramite e in parte destinate anche agli intermediari) e comunque la dazione di 8mila euro”.