Ministero Affari regionali, uno stipendificio per gli amici. In tre anni due ministri a dir poco impalpabili con decine di grand commis e consulenti

Il ministero Affari Regionali è stato utile soltanto a elargire stipendi ai soliti grand commis e consulenti sia con la Lanzetta che con Costa

Dopo quello che è accaduto negli ultimi tre anni la domanda è inevitabile: a che cosa è servito il Ministero per gli affari regionali? Domanda più che legittima, visto che due ministri si sono dimessi senza lasciare nessun segno tangibile, nemmeno dal punto di vista della “vetrina” mediatica. Del resto soltanto gli osservatori più attenti dei fatti politici conoscono Maria Carmela Lanzetta (Pd), a capo degli Affari regionali con il Governo Renzi dal febbraio 2014 al gennaio 2015, ed Enrico Costa (prima Ncd, ora verso Fi), in sella in un certo periodo dei Governi Renzi e Gentiloni dal gennaio 2016 al luglio 2017. La realtà è che quello degli Affari regionali, dicastero senza portafoglio, è stato usato in primis da Renzi per far vedere che valorizzava le quote rosa impegnate. La Lanzetta, infatti, si era distinta come sindaco anti-’ndrangheta di Monasterace (Rc), e l’ex Rottamatore non si è fatto sfuggire l’opportunità di sfruttarne l’immagine.

Il prosieguo – Successivamente il dicastero è stato riutilizzato da Renzi, e subito dopo da Gentiloni, per piazzare il solito alfaniano e garantirsi l’appoggio dell’esile stampellina Ncd. E così Costa è assurto al rango di ministro, salvo poi dimettersi l’altro giorno per traslocare in Forza Italia. Giochini da Prima Repubblica, che di fatto hanno reso il Ministero degli affari regionali del tutto inutile. O meglio, utile soltanto a elargire stipendi ai soliti grand commis e consulenti. Con Costa, per dire, capo di gabinetto è diventato l’ex garante della privacy, Francesco Pizzetti, a cui è stato assegnato un trattamento economico fondamentale di 75 mila euro più un’indennità di diretta collaborazione di 63 mila. Al vicecapo di gabinetto, Valeria Giovanna Venuto, il dicastero ha riservato 75 mila euro di compenso base, più 31.600 di accessorio, più 8.900 di indennità di collaborazione. Il segretario particolare del ministro, Luca Robaldo, ha potuto contare su 45.900 euro di trattamento base più 27.500 di indennità di collaborazione. Costa aveva confermato solo il capo dell’ufficio legislativo, Emanuela Garroni, che con la Lanzetta era accreditata di un compenso da 172 mila euro, di cui 123 mila erogati dall’amministrazione di provenienza, ovvero il Viminale. E che dire dei consulenti? Costa ne ha imbarcati 4, tutti a 20 mila euro: Giancarlo Granata, Gianluigi Mangione, Paolo Calvi e Valentina Castaldini (quest’ultima già portavoce dell’Ncd). Per non parlare del sottosegretario agli Affari regionali, il Pd Gianclaudio Bressa, confermato da Costa. Se con la Lanzetta ministra si era portato due consulenti, ovvero Raffaele Bifulco (16 mila euro) e Marco Olivetti (10 mila), con Costa ne ha nominati quattro: Giuseppe Carulli (5 mila euro), Guendalina Dainelli (25 mila), Ernesto Longobardi (8 mila) e ancora Olivetti (15 mila).

Gli altri – Per non parlare dell’allora staff della Lanzetta. Il suo capo di gabinetto era Luigi Fiorentino, ora vicesegretario di palazzo Chigi, all’epoca forte di un compenso di 198 mila euro (di cui 92 mila erogati dall’amministrazione di provenienza, ovvero l’Antitrust). Tra i collaboratori c’era anche un vicecapo di gabinetto, Roberta Angelini, i cui dati stipendiali non erano riportati nelle relative schede. A capo dell’ufficio legislativo figurava Emanuela Garroni, come detto confermata da Costa. Dal ministero dell’Interno proveniva Francesco Zito, capo della segreteria tecnica dell’ex ministra, con uno stipendio di 90 mila euro, di cui 63 mila versati dal Viminale. Al gruppo si aggiungeva Chiara Muzzi, capo ufficio stampa, che tra trattamento economico fondamentale (45.900 euro) e indennità di diretta collaborazione (34.830), vantava un totale di più di 80 mila euro. Più o meno la stessa combinazione garantita al capo ufficio stampa di Costa, Roberta Moretti. Anche la Lanzetta, poi, era accompagnata da un consigliere: Giovanni Savini, con un compenso di 95 mila euro, di cui 55.700 versato dal ministero dello Sviluppo. E così un ministero del tutto inutile, usato per mere questioni di marketing ed equilibri politici, ha sfornato decine di compensi. Possibile non se ne potesse fare a meno?

Twitter: @SSansonetti