Monta in chat l’ira dei 5 Stelle. Mai più un’altra intesa con Renzi. E’ caccia ai responsabili, a partire proprio dai renziani. Poi in Aula per la resa dei conti come con Salvini

Monta in chat l’ira dei 5 Stelle. Mai più un’altra intesa con Renzi. E’ caccia ai responsabili, a partire proprio dai renziani. Poi in Aula per la resa dei conti come con Salvini

Ci sono momenti in cui i ranghi si stringono, il volere si cementa, le convinzioni si rafforzano. Come spesso accade, quei momenti sono proprio quelli più delicati, più fragili, più difficili. È esattamente quello che sta accadendo all’interno del Movimento cinque stelle. Fino a un mese fa non erano così peregrine le voci di chi avrebbe scommesso in nuove fuoriuscite, ora per andare a popolare il gruppo misto con un occhiolino strizzato alla destra sovranista, ora con qualcuno pronto a sposare il progetto di Matteo Renzi. Oggi, invece, non c’è un solo parlamentare del Movimento pronto a lasciare Giuseppe Conte, a girargli le spalle.

Le chat dei cinque stelle sono di fuoco. E di strategia. Il giorno dopo la crisi formale con la decisione di Renzi di annunciare le dimissioni delle ministra Elena Bonetti e Teresa Bellanova, già si ragiona su cosa potrebbe accadere. Svanita in partenza (e poi confermata da fonti governative nella giornata di ieri dopo l’incontro di Conte con Sergio Mattarella), il premier non si dimetterà al Colle, ma parlamentarizzerà la crisi, recandosi alla Camera e al Senato. L’idea – sposata in pieno non solo dai 5S ma anche da Pd e Leu – è di andare in Aula e riservare a Renzi lo stesso identico trattamento riservato all’altro Matteo (Salvini) dopo l’ormai mitologica “crisi del Papeete”.

Al di là della questione d’orgoglio (c’è chi dice che i collaboratori di Conte stiano già imbastendo il discorso…), c’è un discorso molto più profondo portato avanti da Conte e dai 5 stelle: meglio perdere ora Renzi e non a giugno quando comincerà il periodo del “semestre bianco” che precede la fine del mandato presidenziale, quando per Costituzione il capo dello Stato non può sciogliere le Camere. Il pericolo, in quel caso, sarebbe un formale e impazzito “liberi tutti” dagli esiti evidentemente incerti. Questa la ragione per cui oggi tutti sono concordi non solo nello scaricare Renzi, ma anche nel ritenere che sia la strada paradossalmente più corretta. Restano poi i numeri che, si sa, sono argomenti testardi.

E se alla Camera la maggioranza non ha bisogno dei numeri di Italia viva, il discorso è completamente diverso al Senato. Ecco perché gli occhi – assicurano tanto i dem quanto i 5s – sono tutti puntati su Riccardo Nencini, il quale già ha detto di essere tra i costruttori e, dunque, tra i sostenitori di Conte. La speranza della maggioranza, in altri termini, è che possa mettere a disposizione il suo simbolo affinché si possa formare un nuovo gruppo parlamentare a sostegno del premier. Il governo finora ha avuto l’appoggio sicuro di 158 parlamentari a Palazzo Madama (92 M5s, 35 Pd, 8 Autonomie, 18 Italia viva, 5 Leu) e senza i renziani, scenderebbe a 140.

Al momento, guardando a chi nel gruppo Misto ha sempre offerto una sua disponibilità a sostegno della maggioranza, ci sarebbero già circa 12 senatori. Ma il numero è una stima prudenziale ed è in continuo aggiornamento. In ogni non c’è, ad oggi, una maggioranza. Tra i primi indiziati a dover assirucare un “sì” a Conte ci sono i senatori del Udc: Paola Binetti, Antonio De Poli e Antonio Saccone. Che ufficialmente smentiscono, ma ufficiosamente sono molto meno compatti. Un altro fronte importante nella conta è sicuramente quello dei componenti del Misto che già più volte si sono allineati alla maggioranza e che, a un primo calcolo, sarebbero in totale 12.

Tra di loro diversi ex 5 Stelle già hanno fatto intendere di essere a favore di un governo “derenzizzato”. Non tutti, però, sono disponibili: Gregorio De Falco ad oggi resta ondivago, mentre Marinella Pacifico (da sempre considerata filo-leghista) ha già declinato ogni invito. Poi vengono considerati sicuri sì degli esponenti del Maie. Infine vanno considerati a favore i due senatori a vita iscritti al Misto Mario Monti e Liliana Segre, ma anche Sandro Ruotolo, eletto con le suppletive a fine febbraio scorso e molto vicino a Leu. Tutti, però, sanno che la vera partita si gioca proprio in casa Iv: non tutti hanno digerito la decisione d’imperio di Renzi di abbandonare la maggioranza. I primi renziani ad aver mollato l’ex premier sono stati proprio i socialisti Nencini e Antonio Maraio. Ma non sono gli unici pronti a dire addio all’esperimento renziano. I pontieri sono al lavoro e stanno contattando la pattuglia di ex Pd. Fino a lunedì la partita è aperta.