Musumeci, Fontana, Santelli. Nelle Regioni regna l’anarchia. Quello sulla scuola è solo l’ultimo scontro col Governo

Su scuola e trasporto pubblico va in scena l’ennesimo – incredibile – scontro tra Stato e Regioni. Il copione, ahinoi, è sempre lo stesso: il governo centrale pone condizioni molto chiare e le amministrazioni locali preferiscono, spesso evidentemente per ragioni partitiche e politiche, nicchiare o peggio disobbedire. Ieri, come detto, l’ultimo capitolo di quest’incredibile saga: la distanza resta invariata sul trasporto pubblico, con l’avviso recapitato al governo a meno di tre settimane dal ritorno in classe: “Così sarà caos”.

Il vertice tra l’esecutivo e i governatori per la riapertura delle scuole finisce come previsto: accordo parziale per la gestione dei positivi in aula ma scontro e rinvio sulle regole di bus, scuolabus, metro, tram e treni attese da uno stress test al riavvio dell’anno scolastico dopo il primo scoglio post-lockdown. “Sui trasporti il governo si è preso qualche altro giorno. Abbiamo chiesto l’aumento della capienza a sedere, tra pochi giorni ci sarà una decisione definitiva”, spiega Stefano Bonaccini. La proposta che si fa largo è considerare i compagni di classe – e i colleghi di lavoro – come “congiunti” e di conseguenza superare la necessità di distanziamento sui mezzi pubblici. Vederemo cosa accadrà. Il punto, però, è che sul tema del rapporto tra Stato e regioni si apre una questione che nei prossimi mesi potrebbe farsi ancora più dirimente. Con l’emergenza Covid-19, poi, abbiamo assistito a scontri impensabili fino a poco fa.

IL SOLITO COPIONE. In questi giorni, non a caso, a ribellarsi è stato Nello Musumeci, governatore della Sicilia. Il pomo della discordia, manco a dirlo, i migranti: con un’ordinanza il presidente di Regione ha di fatto ordinato lo sgombero di tutti i migranti dalla Sicilia per il rischio possano contagiare i cittadini dell’isola. Piccolo particolare: il governatore non ha competenze sul tema. Risultato: il governo proprio ieri ha impugnato l’ordinanza del presidente della Sicilia che prevede la chiusura degli hotspot e dei centri di accoglienza per migranti presenti sull’isola. Il ricorso sarebbe già stato notificato alla controparte e ne è in corso il deposito presso il Tar della Sicilia. Alla base dell’impugnazione, riferiscono le note stampa, la considerazione appunto che la gestione del fenomeno migratorio è competenza dello Stato, non delle Regioni.

E non è la prima volta che si arriva allo scontro di carte bollate tra pezzi dello Stato perché qualcuno dice di no alle direttive che vengono dalle istituzioni centrali. Come non ricordare la decisione di Jole Santelli (nella foto) di riaprire prima del tempo debito locali, ristoranti e bar. Risultato? L’ordinanza – esattamente come nel caso di Musumeci – è stata impugnata dal governo e alla fine il Tar ha dato ragione proprio a Roma. Ma c’è anche chi si muove in ottica opposta: quando le competenze sono regionali e non statali, c’è chi preferisce in quel caso lavarsene le mani.

Dalla Calabria, allora, andiamo in Lombardia. Attilio Fontana, con al seguito tutta la sua giunta, per mesi ha provato a dire in tutte le lingue del mondo che l’istituzione di una zona rossa nel bergamasco non era competenza del Pirellone, ma di Palazzo Chigi. Per carità: sarà la magistratura ad accertare eventuali responsabilità. Ma ciò che ad oggi sappiamo è proprio che la Regione non può e non poteva fare spallucce e girarsi dall’altra parte. Resta, a questo punto, una triste constatazione e un indicibile dubbio: i tre casi menzionati sono di tre governatori di centrodestra. Che l’opposizione a tutto e tutti abbia ragioni partitiche più che di Stato?