Napolitano e il botto di Capodanno

di Gaetano Pedullà

Ieri molti ci hanno scommesso su: stasera Re Giorgio abdica, vedrete. I dati sulla povertà diffusi dall’Istat sono il certificato di fallimento degli ultimi governi – Monti e Letta – a trazione integrale del Quirinale. In più, l’aria che tira odora di elezioni, con Renzi, Berlusconi, Grillo, Vendola e Salvini – praticamente la maggioranza assoluta della politica italiana – che ormai hanno solo da guadagnare tornando al voto. Nel Palazzo la maggioranza che sostiene Letta è sempre più improbabile. Parlamentari Pd delle correnti finite in minoranza, transfughi di Forza Italia e un po’ di nominati di provenienza varia, hanno ancora i numeri per tenere in piedi l’esecutivo. Ma cosa tiene insieme i parlamentari di questa coalizione è lampante: da una parte la certezza che una volta lasciati i seggi sarà difficile riconquistarli, dall’altra gli interessi di bottega plasticamente condensati nel penoso decreto Salva-Roma, un’accozzaglia di spese inutili e favori alle lobby che ha costretto il governo alla brutta figura del ritiro dopo l’approvazione in aula. Chi conosce Giorgio Napolitano però sa bene che stasera a reti unificate ci darà a bere l’ennesimo sciroppo, con sentite e partecipate parole di circostanza per il disagio sociale in cui viviamo, ma niente più. Al suo ottavo discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica sa bene che a Capodanno un botto in più non si sente nemmeno. E fin quando la maggioranza tira, il suo massimo custode e ispiratore non staccherà la spina. Lo impone il senso più formale delle istituzioni, ma ancora prima la difesa di una stabilità che ci darà pure il contentino dello spread a 216 punti (comunque sempre troppo alto!) ma lascia il Paese senza riforme profonde, l’economia senza stimoli, la politica senza cittadini. Il due gennaio l’auditel ci dirà pure che milioni di italiani hanno guardato il discorso di stasera. Ma tanti lo faranno con l’audio spento. Per i botti meglio aspettare mezzanotte.