di Lapo Mazzei
E dopo Silvio da Arcore parlò Re Giorgio da Napoli. Un discorso atteso il primo, anche se scontato e fintamente d’attacco. Un intervento previsto, ma non scontato, il secondo. E come negli scacchi, perché a questo fa pensare il gioco di rimandi fra Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano, l’assalto al Re dei Cavaliere ha prodotto un cortocircuito, regalando al Quirinale la mossa vincente. Se si tratti di quella in grado di chiudere la partita lo sapremo soltanto nei prossimi giorni , visto che il presidente del Consiglio, Enrico Letta, nella sua immensa democristianitudine, ha fermato l’orologio della partita. Certo è che Silvio da Arcore rischia di ritrovarsi con le spalle al muro, avendo dietro di sé soltanto una parete di fumo e non di mattoni, abbattuti dal perentorio “stop al conflitto tra politica e giustizia” dettato da Re Giorgio primo. Il capo dello Stato, infatti, nel corso del suo intervento al convegno organizzato dalla Luiss di Roma, in memoria di Loris D’Ambrosio, magistrato e consigliere giuridico del presidente, scomparso lo scorso luglio, è stato netto chiaro nel difendere le toghe.
Il rispetto tra poteri
L’inquilino del Quirinale, nel ricordare la figura del suo collaboratore, ha ribadito l’assoluta necessità del reciproco rispetto tra i poteri dello Stato. “Il rispetto della magistratura”, la prima carica della Repubblica, “è spesso travolto dal conflitto politico”. L’imperativo, dunque, è spegnere il conflitto tra politici e magistrati. Per Napolitano “non c’è nulla di più impegnativo e delicato che amministrare la giustizia, garantire quella rigorosa osservanza delle leggi, quel severo controllo di legalità, che rappresentano – come ho avuto più volte occasione di ribadire – un’imperativo assoluto per la salute della Repubblica”. Se, dunque, la politica deve smetterla con gli attacchi e gli insulti indirizzati alla magistratura, i giudici da parte loro devono dimostrare equilibrio.
L’invito bipartisan
Un invito rivolto ad ambo le parti che non lascia margini al dubbio, quale palese dimostrazione del fatto che nel nostro Paese è stato una sorta di guerra a bassa intensità fra politica e giudici. “I magistrati abbiano un’attitudine meno difensiva”, esorta Napolitano, “e più propositiva rispetto al discorso sulle riforme di cui la giustizia ha indubbio bisogno da tempo e che sono pienamente collocabili nel quadro dei principi della costituzione repubblicana”. La necessità di riformare il settore era già stata evidenziata dal Quirinale, ma farlo in questo modo, e in quel determinato contesto, è un segnale forte per tutti. E po’ come quando il maestro bacchetta sulle mani gli studenti più irrequieti, visto la linea di San Filippo Neri – “ state buoni, se potete” – non si è rivelata pagante.
Le reazioni istituzionali
Alla richiesta avanzata dal capo dello Stato si è associato il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, consapevole: della necessità di prendere l’onda quando è al suo massimo. “Al Paese serve pacificazione”, dice il Guardasigilli ai microfoni di Radio 24, “c’è bisogno di un clima sereno, perché i problemi che abbiamo sono tanti e più c’è un clima di serenità e più si lavora insieme, più si risolvono”.
Le reazioni politiche
Dal mondo politico, con le antenne sempre dritte quando si parla di giustizia, le reazioni alle parole di Napolitano sono quasi tutta positive. Persino dai falchi del Pdl, o meglio della nuova Forza Italia, arrivano segnali di fumo. Daniela Santanchè commenta in salsa buonista, anche se con malcelata soddisfazione, le dichiarazioni del Capo dello Stato riguardo quello che la parlamentare ha definito “una malattia” della giustizia. “Mi sembra che anche Napolitano se ne stia accorgendo”, dice l’esponente del centrodestra, “ha detto bene il presidente Berlusconi che la mala giustizia è come una malattia, che pensi sempre capiti agli altri ma quando capita a te ti accorgi che può fare molto male”. Sulla stessa linea anche Fabrizio Cicchitto: “Le parole del Colle sono condivisibili” ma finora “ogni ipotesi di pacificazione fra forze politiche o fra forze politiche e settori della magistratura è stata scientificamente boicottata”.
Letta al Colle
Il presidente del Consiglio è salito poi ieri pomeriggio al Quirinale per un colloquio con il Capo dello Stato e, in un clima di piena sintonia di vedute, si è esaminato il quadro generale della situazione politica alla luce degli sviluppi delle ultime ore. Il premier ha spiegato a Giorgio Napolitano cosa ha inteso dire quando ha chiarito pubblicamente di non volersi fare logorare e di volger giocare d’attacco. L’intenzione di Enrico Letta, illustrata al presidente, e’ di confermare come si stia a lavoro con tenacia anche a fronte delle tensioni che agitano il quadro politico. Enrico Letta ha quindi illustrato a Napolitano le linee guida del Def varato dal Consiglio dei Ministri.
Infine un dato rende l’intervento di Napolitano un perno attorno al quale ruoterà il dibattito nelle prossime ore. Senza un riferimento esplicito a Berlusconi – che nel suo videomessaggio ha definito i magistrati “impiegati pubblici non eletti” – Napolitano osserva anche che “il titolo d’impiegati pubblici, riferibile in Costituzione anche ai magistrati, non dovrebbe mai essere usato in senso spregiativo” ”. Siccome le parole sono importanti Silvio da Arcore è finito sotto scacco da parte di Re Giorgio. E quando il Re batte il Cavaliere, di solito, la partita è chiusa.