La Corte costituzionale boccia l’ennesimo regalo ai tassisti. Lo Stato non può imporre obblighi e divieti agli Ncc che favoriscano i tassisti, secondo la Consulta. Che quindi boccia il decreto voluto da Matteo Salvini e contestato proprio dagli esercenti del noleggio con conducente, penalizzati da quelle norme, non potendo più accedere liberamente a qualsiasi clientela come invece fanno i taxi. La sentenza 163 della Corte costituzionale accoglie il conflitto di attribuzioni promosso dalla Regione Calabria contro il decreto interministeriale noto come decreto Salvini.
Uno scontro tutto interno alle destre, tra il presidente Roberto Occhiuto e il ministro delle Infrastrutture, sul Foglio di servizio elettronico per gli Ncc. La seconda tappa, dopo che proprio la Corte costituzionale aveva accolto un altro ricorso calabrese sostenendo che le Regioni possano rilasciare direttamente le autorizzazioni, superando la competenza esclusiva comunale. Per la Consulta non è quindi compito dello Stato imporre divieti e obblighi a chi esercita questo servizio, almeno nel caso in cui siano sproporzionati come in questo caso, garantendo inoltre solo ai taxi di rivolgersi a un’utenza indifferenziata. Insomma, i giudici ritengono che il ministero abbia travalicato i limiti della competenza statale in tema di tutela della concorrenza, invadendo le competenze regionali sul trasporto pubblico locale.
La Consulta boccia la stretta di Salvini sugli Ncc: tutti i punti critici
Tra i punti bocciati ce n’è uno cardine del decreto Salvini, quello relativo alla sosta obbligatoria di venti minuti tra un servizio e per l’altro per gli Ncc. Secondo i giudici, non spetta allo Stato e ai ministeri adottare misure che introducano vincoli temporali di questo tipo. Così come non può essere imposto agli Ncc l’utilizzo esclusivo dell’applicazione informativa ministeriale per la compilazione del Foglio di servizio elettronico. Contestato soprattutto il vincolo dei venti minuti, ritenuto “una misura sproporzionata rispetto alla finalità antielusiva”.
Tra l’altro la disciplina introdotta dal decreto Salvini riprende alcuni obblighi già previsti da norme che sono state dichiarate costituzionalmente illegittime con una sentenza del 2020. Un errore, quindi, ripetuto. La Corte costituzionale contesta poi un altro punto, quello riguardante il divieto di stipulare contratti di durata con l’esercente il servizio Ncc. Una norma che limita soprattutto chi svolge attività di intermediazione. Per semplificare con un esempio, ciò che viene bocciato è la regola per cui gli operatori economici, come alberghi o agenzie di viaggio, sono inibiti ad assicurare servizi di trasporto certi, rapidi e a costi concordati non potendo rivolgersi agli Ncc.