Nel Pd si apre la successione a Letta

Il candidato naturale per il dopo Letta alla segreteria del Pd per molti continua a essere il governatore emiliano Bonaccini.

Nessuno ovviamente lo dice apertamente – non sarebbe una gran figura – ma nel Pd, di fronte alla prospettiva di essere opposizione, il tema che scalda le discussioni è il congresso e l’elezione del prossimo segretario. I “tempi rapidi” di cui ha parlato Enrico Letta sono un avviso che non ha bisogno di troppe interpretazioni.

Nel Pd il tema che scalda le discussioni è il congresso e l’elezione del prossimo segretario

Matteo Orfini spiega che “il problema di fondo è che non è più chiaro a nessuno quale sia la missione del Pd” e invita ad abbandonare la discussione sulle alleanze: “Basta pensare e parlare solo di alleanze. Abbiamo sprecato tre anni così: la nostra unica proposta politica è stata allearci. A prescindere, e senza idee. Politica delle alleanze, ma senza politica. Un partito non può essere solo questo. Sennò diventa inevitabilmente solo un partito di potere, un partito dell’establishment”.

Nella sua riflessione il capo dei Giovani turchi trova anche lo spazio per stilettare qualche aspirante segretario (“i nomi che leggo sono di persone che sono state in primissima linea in questa campagna, con risultati non esattamente esaltanti”).

Chi è già uscito allo scoperto, con la sua esuberanza (non amata da tutti all’interno del partito) è il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, presidente di Ali e coordinatore dei sindaci Dem, che sulla sua candidatura alla segreteria in un’intervista all’agenzia Dire dice che “ci sono tanti amministratori che me lo stanno chiedendo” (un classico) e lancia l’idea di “una fase costituente, aperta” per “provare a pensare un rinnovamento vero del nostro soggetto politico dal punto di vista dei contenuti, del linguaggio e dell’organizzazione”.

Il candidato naturale per il dopo Letta alla segreteria del Pd per molti continua a essere il governatore emiliano Bonaccini

Il candidato naturale per il dopo Letta per molti continua a essere Stefano Bonaccini, che per tutta la campagna elettorale è stato attento a non creare frizioni col segretario e che da giorni fissa alcuni punti chiave su quello che dovrebbe fare il Pd: “Una busta paga in più in tasca ai lavoratori e un un salario minimo per chi oggi non è coperto da un contratto collettivo. Una forte spinta sulla transizione ecologica ed energetica perché significa bollette più basse e un pianeta più pulito per i nostri figli, a fronte della destra che vaneggia di nucleare senza dire dove e quando. Infine, più sanità pubblica”.

Su di lui potrebbero confluire sia Base Riformista che Area Dem. Bonaccini non ha mai chiuso ai 5 Stelle rivendicando anzi esempi di buon governo insieme sui territori. Si parla di un possibile ticket alla segreteria con Simona Bonafé. Su Bonaccini è intervenuto a gamba tesa invece Goffredo Bettini che chiede “una persona di sostanza più che di immagine. Formata sul campo, piuttosto che inventata dai media. Sobria e misurata, piuttosto che egocentrica e solitaria. Colta, perché ha letto più libri che giornali. Che sia in grado di presentare venti cartelle scritte, spiegando cosa vuol fare, piuttosto che vivere di continuo l’ebbrezza dei Tweet”.

E mentre nella mischia sembra intenzionata a lanciarsi anche l’ex ministra Paola De Micheli, la sinistra del partito continua a sperare in Peppe Provenzano, secondo cui al Pd non serve un “nuovo segretario, ma un nuovo partito. È questo che non siamo riusciti a realizzare ed è questo di cui abbiamo davvero bisogno”.

Sullo sfondo Elly Schlein, ben vista da Letta, che alcune voci indicano come possibile capogruppo Pd a Montecitorio. Schlein però a oggi non è iscritta al partito e negli ultimi giorni ha preferito rimanere in silenzio. Come pure il sindaco di Firenze Dario Nardella ma il Pd non è più quello che lo cullava.

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