di Lapo Mazzei
Si suol dire che in politica lo stupore non è ammesso. Secondo i filosofi della materia, a partire dalle grandi firme dei giornaloni che sanno tutto (salvo azzeccare la cosa giusta), questo sostantivo non rappresenta mai la realtà descritta. Perché in politica esiste solo il vero e il verosimile, essendo l’arte del possibile. E allora visto che le categorie del lessico parlamentare sono (sarebbero) così codificate, noi ci ostiniamo ad andare contro corrente, affermando con certezza che le parole di Sandro Bondi ci hanno stupito. “Sono d’accordo con Giorgio Napolitano quando sostiene che in Italia prevale un clima politico avvelenato, ma sono dell’opinione che non abbia fatto nulla per stemperare le esasperazioni e per pacificare davvero la vita politica italiana”. Dunque secondo il senatore del Pdl, uno dei lealisti più lealista degli altri, sono condivisibili le parole pronunciate ieri dal presidente della Repubblica al Quirinale, relativamente al clima politico avvelenato. Stupore, più che rumore. Perché Bondi consegna alle agenzie questa esternazione proprio nel momento in cui il partito di Silvio Berlusconi è in bilico tra rottura e ricucitura. Un’altalena che avvelena il clima, non lo rasserena certamente. Non stupisce invece il Bondi, come se ne esistessero due, che si scaglia con veemenza contro Napolitano: “Era l’unico che poteva farlo, sia per la sua coscienza storica dei problemi dell’Italia sia per le prerogative di cui dispone”.
Aspettando sabato
Insomma, le large intese rappresentano la tossina necessaria per tenere in piedi la baracca, non essendoci altra soluzione ma se il Cavaliere non è stato salvato è tutta colpa del Quirinale. E così nello stupore per le parole di Bondi c’è la metafora perfetta del momento che stiamo vivendo, dove tutto viene dato per ultimativo: vertici, incontri, proclami, tradimenti e matrimoni, congiure e giuramenti. Alla fine però non accade mai nulla. È come se Berlusconi e gli esponenti del Pdl (tutti, nessuno escluso) avessero deciso di scrivere una personalissima versione di “Aspettando Godot” di Samuel Beckett. Gli alfaniani si comprano il tempo per allungare la vita al governo, Berlusconi tiene tutti sulla corda mentre va cercando la miglior via d’uscita per se stesso.
Sabato, nello stupore generale, non accadrà nulla. Ci sarà un consiglio nazionale del Pdl che traghetterà il partito verso Forza Italia, dove i falchi continueranno a fare i falchi e le colombe le anime belle della politica. Peccato che ad avvelenare i pozzi e il clima siano proprio le colombe i governativi, diventati la bombola dell’ossigeno del governo. Tecnicamente in coma ma capace di far male agli italiani. Perché di troppe tasse si può davvero morire.
I timori di Fitto e Verdini
Una certezza che non sembra turbare troppo l’inquilino del Quirinale, troppo impegnato a produrre la pozione di lunga vita da fare al presidente del Consiglio. Il capo dello Stato, dopo l’incontro con il Papa, ha affermato che si possono superare le “esasperazioni di parte” che in Italia si sviluppano in un “clima avvelenato e destabilizzante”. Poi il colpo di teatro: “Noi che in Italia esercitiamo funzioni di rappresentanza e di guida nelle istituzioni politiche, siamo immersi in una faticosa quotidianità, dominata dalla tumultuosa pressione e dalla gravità dei problemi del paese e stravolta da esasperazioni di parte in un clima avvelenato e destabilizzante. Quanto siamo lontani nel nostro Paese” dalla cultura dell’incontro”. ‘Parole, quest’ultime, che hanno scatenato la reazione di Bondi ma anche quella di Renato Brunetta che invita il Quirinale a non fare lo “spettatore rassegnato”. “Io credo che invece”, sostiene il capogruppo del Pdl alla Camera, senza destare lo stupore di Bondi, “il capo dello Stato ha la responsabilità istituzionale, le risorse e l’energia per fare molto, in prima persona, per dare stabilità e contrastare i veleni nella vita pubblica”. Intanto, a 48 ore dalla resa dei conti di sabato all’interno del Pdl, la novità è l’ipotesi di riconvocare un ufficio di presidenza che vari un nuovo documento. Ipotesi che ha immediatamente scatenato l’ira dei lealisti, pronti – nel caso – a stilare un contro-documento per andare comunque alla conta. Perché nell’incontro dell’altra sera tra Berlusconi e Angelino Alfano il clima sarebbe stato piuttosto buono. Ma la via della trattativa è ancora lunga e – ovviamente – ha senso se non scontenta anche “gli altri” ossia i lealisti. Raffaele Fitto e Denis Verdini in primis, che temono un “tradimento” in extremis del Cavaliere. Che non sarebbe affatto stupefacente. Al solito a dare la linea vera è il ministro Quagliariello: “Per noi le cose sono molto chiare: questo non è un Cn ordinario, ma la fondazione di un nuovo partito pur in continuità con una lunga storia il cui filo conduttore è Berlusconi. Ma quando “si rinnova un patto associativo, è evidente che è necessario un accordo forte sulle cose fondamentali”. Solo così si evita lo stupore. E il troppo rumore.