Nella Capitale si boicotta il testamento biologico

La denuncia dell'Associazione Coscioni: tra burocrazia e incompetenza, Roma boicotta il testamento biologico.

Nella Capitale si boicotta il testamento biologico

Tempi lunghi, burocrazia, impreparazione e tanta confusione. L’applicazione della legge sul testamento biologico a Roma è allarmante, come sottolinea l’Associazione Luca Coscioni dopo aver svolto un’analisi sul modo in cui gli uffici comunali e municipali lavorano la pratica. Un dato preoccupa più degli altri: ci vogliono fino a 37 giorni per ottenere il primo appuntamento per depositare la documentazione. Parliamo del Dat, la Disposizione anticipata di trattamento, ovvero le volontà di un individuo riguardante le scelte terapeutiche, i trattamenti sanitari e gli accertamenti diagnostici da svolgere in caso di una futura, eventuale, incapacità di autodeterminarsi.

L’indagine sul testamento biologico a Roma

L’analisi dell’Associazione Coscioni ha permesso di valutare lo stato dell’applicazione della legge nella Capitale, attraverso un accesso agli atti rivolto a 121 comuni dell’area metropolitana di Roma. Hanno risposto in 74 ed è emerso che sono stati depositati, dal 2018, solo 9.235 biotestamenti: uno ogni 347 abitanti. Così Roma è al 95esimo posto su 107 province in Italia. A Roma i biotestamenti sono stati 5.074 (dato fermo da due anni), pari a uno ogni 458 abitanti. A livello nazionale la media è di uno ogni 213.

La denuncia dell’Associazione Coscioni

Cifre troppo basse, causate – secondo l’associazione – da diversi problemi. Di certo influisce l’assenza di una campagna informativa adeguata sia a livello nazionale che locale. Ma c’è anche “un grave ostruzionismo istituzionale dato da compilazioni burocratiche e forte disorganizzazione interna ai municipi che non consente al cittadino di depositare, in modo agevole, le proprie volontà”. Così il tempo medio di attesa per il primo appuntamento è di 37,5 giorni. Molto spesso, considerando le informazioni poco chiare fornite, i cittadini devono prendere un secondo appuntamento per i documenti mancanti o per qualche piccola difformità e, in questo caso, servono altri 18 giorni di media. Quindi servono fino a due mesi per completare la pratica.

Un tempo eccessivo, soprattutto per chi si sottopone a “operazioni chirurgiche che possono comportare complicanze”. In particolare, capita spesso che i cittadini non vengano informati di dover portare con sé, al primo appuntamento, documenti scaricabili dal sito del Comune. Documenti, tra l’altro, aggiunti dalla burocrazia romana e non previsti in altri comuni italiani. Ma i dati allarmanti sono anche altri: il 20% degli uffici non ha riferimenti al Dat sul suo sito ufficiale e non indica la procedura; dieci municipi su 15 aprono solo un giorno a settimana (in alcuni casi addirittura solo uno al mese); in otto municipi le procedure sono confuse e le indicazioni discordanti; in quattro l’appuntamento si può prendere solamente via mail.

Per complicare il tutto, dal punto di vista tecnologico, si riscontra anche la previsione, in alcuni municipi, di scaricare e stampare in autonomia dei documenti presenti sui siti istituzionali, causando ancora più problemi alla popolazione più anziana e meno avvezza all’uso di computer e dispositivi online.

Roma in coda sul testamento biologico

Non basta, quindi, la scarsa comunicazione. Presentare la documentazione per il biotestamento nella provincia di Roma è molto, molto complicato. Non a caso il numero di Dat è tra i più bassi in tutta Italia. L’applicazione della legge, insomma, viene “ostacolata dalla burocrazia dei municipi”, come sottolineano Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, e Matteo Mainardi, coordinatore della campagna Eutanasia legale. Il primo problema denunciato è quello del tempo medio di attesa, che “non è compatibile” con le esigenze di chi “vuole esercitare il proprio diritto a depositare e far rispettare le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari”. Stessi problemi per chi ha l’esigenza di modificare la Dat. A creare ancora più disagi è anche “l’impreparazione dei dipendenti”. Motivazioni per cui “non stupisce che Roma sia in fondo alla classifica nel rapporto Dat depositate/abitanti”.