Nella Lega la spunta Giorgetti. Salvini pronto a tuffarsi nella grande ammucchiata. Nel giro di 24 ore Matteo è passato da “O noi o Grillo” a “Dentro tutti”. Basta che gli diano qualche ministero

Nella Lega la spunta Giorgetti. Salvini pronto a tuffarsi nella grande ammucchiata. Nel giro di 24 ore Matteo è passato da “O noi o Grillo” a “Dentro tutti”. Basta che gli diano qualche ministero

“Non c’è niente di meglio di qualcuno che dall’opposizione dà una mano e non ti chiede neanche ministri, penso che sia una posizione di assoluta responsabilità”, afferma Giorgia Meloni ieri, rispondendo alle domande dei giornalisti dopo aver incontrato il presidente incaricato Mario Draghi a cui ha comunicato la sua intenzione, come noto, di non sostenere un eventuale esecutivo da lui guidato, precisando però che se ci fosse governo “che porta gli italiani al voto, che duri massimo fino a settembre”, lo valuterebbe e potrebbe anche astenersi.

La pensa in maniera diversa, invece, l’alleato (o ex alleato? “Vedremo come finirà, il centrodestra si è diviso ma abbiamo sempre ricostruito”, Meloni dixit) Matteo Salvini, che nei confronti di un governo Draghi non solo è possibilista ma ne vorrebbe addirittura far parte, perché quando afferma: “Non sono per le mezze misure: se sei dentro, sei dentro e dai una mano, ti prendi onori e oneri. Se stai fuori, stai fuori” tradotto vuol dire: “Ci sto ma voglio contare, voglio ministeri, sottosegretariati e quant’altro”.

Perfetto, è la politica bellezza, e nothing is for free, ci mancherebbe… Il punto è che se il giorno prima dichiari in pompa magna “Draghi dovrà scegliere tra Grillo e la Lega, tra la patrimoniale e meno tasse” e ventiquattro ore dopo, con un triplo salto carpiato. sentenzi: “A me piacerebbe che nel governo ci fossero tutti. Un esecutivo Draghi con il M5s? Chi sono io per dire ‘tu no’? Mi spiace che altri dicano ‘con Salvini e la Lega no’”, evidentemente qualche problemino di coerenza ce l’hai.

Ed è pure pleonastico continuare a mettere in mezzo l’appello all’unità del capo dello Stato Sergio Mattarella – che peraltro non ha dato nessuna indicazione sul fatto che “il governo di alto profilo” debba essere tecnico o politico – e tirare in ballo i veti degli altri: “Per la Lega sarebbe stato più comodo dire no a priori. A me dispiace che altri mettano veti, mi sembra che non sia lo spirito chiesto dal presidente della Repubblica. Ricordo che nel dopoguerra nei governi c’erano tutti. Noi con Draghi non parleremo di partiti e non diremo che non vogliamo qualcuno. Certo – ha concluso – noi vogliamo un Paese con meno tasse, se i Cinque Stelle dicono che vogliono la patrimoniale”.

Ma poi, siamo così sicuri che alla Lega sarebbe convenuto dire di no a priori come afferma il segretario? Chi lo avrebbe spiegato ai ceti produttivi del Nord, ai governatori e ad una consistente fetta di partito stabilmente su posizioni giorgettiane filo europesite? Non a caso è stato proprio il vice segretario federale del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, che oggi accompagnerà Salvini alle consultazioni, a specificare: “L’astensione è esclusa, o saremo a favore o voteremo contro”, ipotesi quest’utima, ormai ridotta al lumicino.

Basti pensare anche alle dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera dal presidente del Veneto Luca Zaia: “Sono sicuro che Matteo Salvini saprà muoversi con senso di responsabilità nei confronti del Paese, e anche responsabilità nei confronti della nostra identità”, e continua tratteggiando un profilo di Draghi senza lesinare complimenti: “E un personaggio di indiscusso standing internazionale – afferma sulla scia di Giorgetti – È innegabile e saremmo poco onesti intellettualmente se non lo dicessimo: è l’uomo che ha riscattato l’immagine dell’Italia attraverso tutta la sua carriera in particolare nei suoi otto anni di presidenza della Bce. E nemmeno è soltanto questione di curriculum”.

Chiarissimo. Il dado è tratto, dunque, la Lega si appresta ad incontrare il premier incaricato con le idee chiare – No astensione né appoggio esterno, no governi tecnici alla Monti, squadra politica – mentre ieri la delegazione di FI, di cui “suo malgrado” non ha potuto far parte Silvio Berlusconi, come ampiamente previsto, ha confermato al premier incaricato Draghi “il pieno sostegno per un governo con tutte le forze migliori della politica, dell’economia e della cultura”. Lo ha reso noto il vcicepresidente azzurro Antonio Tajani, a nome del suo partito e dell’Udc, che ha partecipato all’incontro .