Nell’agenda politica è sparita la mafia

di Gaetano Pedullà

Non è un errore del tipografo. Nel grande titolo che dedichiamo oggi alla mafia che NON esiste, il NON è quasi invisibile, in chiaroscuro, perché il problema è diventato invisibile. Nonostante gli arresti continui, nonostante i sequestri quotidiani di beni per centinaia di milioni, nonostante la magistratura continui a sottolineare l’allarme, la mafia è sparita dalle agende della politica e dalla grande attenzione mediatica. Partiamo dalla politica. Nel dibattito su legge elettorale, unioni civili, e che caspita di cognome dare alla prole, scegliendo tra quello del padre e della madre – tutti temi degnissimi, sia chiaro! – non c’è più traccia della mafia. Eppure mai come negli ultimi mesi il fenomeno è tangibile, tra minacce di una nuova strategia stragista, con al centro alcuni magistrati di Palermo, e operazioni delle Forze dell’ordine clamorose. L’ultima appena ieri ha fatto scattare le manette dentro due ditte che facevano la manutenzione degli Uffizi di Firenze. Serve altro per capire che le cosche (di mafia, camorra o ‘ndrangheta cambia poco) sono davvero dappertutto? Dalle roccaforti storiche Sicilia, Calabria e Campania, la metastasi si è allargata in tutta Italia, con regioni come la Puglia, il Lazio e la Lombardia ormai colonizzate dagli interessi dei clan. E nella ricca Lombardia, in particolare, il terreno si sta dimostrando fertile per chi ha denaro illecito da investire e metodi spicci per farlo fruttare. Se a questo poi aggiungiamo la prospettiva di un grande business, come l’Expo, l’esito è scontato: la regione governata da Maroni è ormai la quarta in Italia per presenza delle associazioni criminali. Ora i giornali e le tv non lesinano le notizie sulle cronache locali e nazionali, ma le singole operazioni sono presentate come fatti episodici, scollegati e fuori da una cornice generale. Così la mafia fa meno paura. Ma la mafia è paura. E il fatto che non se ne parli come si deve non la fa sparire. Anzi, la rafforza e presto o tardi ci farà sentire quant’è salato il suo conto.