La Sveglia

Nell’inferno di Gaza si spara pure sulla fame

A Gaza il pane continua a essere moneta di scambio tra la fame e la morte. La nuova “strage del pane” avvenuta nelle ultime ore a Rafah porta con sé numeri ancora una volta agghiaccianti: almeno 27 morti e oltre 90 feriti secondo il Ministero della Sanità di Gaza e Al Jazeera. Si spara su chi cerca cibo, su chi tenta di sopravvivere. E mentre i carri armati e i droni israeliani inchiodano i civili sui corridoi di distribuzione degli aiuti, l’esercito israeliano parla di “colpi di avvertimento” contro “sospetti” che si sarebbero avvicinati a 500 metri dalle postazioni militari. Di fatto hanno confessato, sconfessando coloro che inventavano responsabilità di Hamas. 

A certificare la gravità non sono solo i bilanci di sangue: l’ONU definisce ormai questi attacchi intorno ai centri di distribuzione come “crimini di guerra”. Il segretario generale Antonio Guterres invoca un’indagine indipendente: “È inaccettabile che i palestinesi debbano rischiare la vita per procurarsi del cibo”. Sembra banale ma di questi tempi tocca ribadirlo. 

Intanto la macchina di demolizione prosegue: bulldozer israeliani hanno abbattuto anche il muro posteriore dell’Ospedale Europeo di Khan Younis e bombardato l’ultimo centro dialisi a Beit Lahiya. La Gaza Humanitarian Foundation — organismo criminale sostenuto da USA e Israele e respinto dall’ONU — gestisce la distribuzione. Anche Trump ha le mani sporche di sangue. 

Mentre Madrid sospende i contratti militari con Israele, il consenso europeo verso Tel Aviv crolla ai minimi storici. Eppure l’ecatombe continua, in diretta, davanti agli occhi di un Occidente che si indigna a intermittenza.