di Vittorio Pezzuto
L’ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma sta tornando in treno a Roma dopo aver presieduto l’assemblea campana del Pdl. Fumare non può, la linea cade continuamente e l’intervista si trasforma così in una piccola via crucis alla quale si sottopone con rassegnata compostezza.
Senatore, chi ora vuole ridiscutere l’organigramma del partito, perché imposto e non democraticamente eletto, dimentica che lo stesso segretario Alfano è stato acclamato e non votato.
«Vede, il problema non si è posto fino a quando la leadership partitica e politica era saldamente nelle mani di Berlusconi, il quale operava come elemento di garanzia per tutti e gestiva le cose con grande neutralità. Nel momento in cui si vorrebbe che il partito passasse in altre mani, diventa opportuno che si vada alla conta nei vari territori affinché ciascuno dimostri chi è e quanto effettivamente vale. L’assemblea campana del Pdl, tenutasi poche ore fa, è stata chiarissima nel chiedere l’unità del partito, regole di rappresentanza democratica interna nonché un congresso nazionale e congressi regionali per decidere chi debba rappresentare e guidare il partito. Aggiungo che questa vicenda in fin dei conti trae spunto dalla doglianza dei nostri ministri per una decisione assunta senza consultarli. Dovrebbero quindi essere i primi a condividere questo nuovo percorso. A meno che non immaginino di dover utilizzare lo stesso metodo monarchico, sostituendo un solo sovrano con altri cinque…».
In realtà diversi ‘alfaniani’ giustificano l’eventuale costituzione di gruppi autonomi come una reazione obbligata alla nascita di Forza Italia.
«Mi sembra un problema personale di Giovanardi e nulla di più. Mi limito appena a ricordare come il segretario Alfano abbia festeggiato in primissima fila l’inaugurazione della sede romana di Forza Italia e pochi giorni dopo a Milano abbia partecipato alla prima manifestazione del nuovo partito».
Dica la verità, in queste ore si sono consumate rotture anche personali.
«Le antipatie reciproche sono rimaste, probabilmente con qualche frizione in più. Diciamo che in questa fase le seconde, le terze e le quarte fila tendono a essere più realiste del Re che stanno servendo. Tocca pazientare ancora qualche giorno. Vedrete che passerà presto il momento dell’entusiastico servilismo e si riprenderà a ragionare in maniera diversa»
Giovanardi dice che le dimissioni di massa dei parlamentari Pdl sono state solo un equivoco…
«Prendo atto con qualche sorpresa che è ormai diventato l’interprete ufficiale della nostra linea politica. Ricordo invece che quel gesto ci è stato chiesto a un tavolo in cui sedevano il segretario Alfano e i capogruppo Brunetta e Schifani. Se poi fossero un semplice gesto dimostrativo o una decisione da portare alle estreme conseguenze beh, questo era da lasciare alla politica. Ma è certo che il rientro delle dimissioni dei nostri ministri non potevano non comportare anche il ritiro di quelle dei parlamentari».
Perché è uscito dall’aula al momento del voto di fiducia al governo Letta?
«Stavo per farlo ma poi ho ascoltato un inqualificabile intervento del capogruppo Zanda che ha insultato la storia del centrodestra. Si è trattato di un attacco scomposto, per certi versi divertente: si è infatti dimenticato che stava perorando la causa di un governo che comprende cinque ministri che di quella storia fanno parte. A sinistra sono specialisti nel distribuire patenti morali. Lo stesso Letta opera una distinzione tra una maggioranza politica (buona) e una numerica (disprezzabile perché contiene gli altri Pdl brutti, sporchi e cattivi). Ma deve fare attenzione: con le adesioni dei soli 23 senatori ‘alfaniani’ della mozione Compagna si trova nella singolare situazione di contare su una maggioranza di appena 168 voti…».
Ma chi ha sostenuto Alfano e gli altri ministri non rischia di avere nella maggioranza un peso specifico maggiore?
«Guardi, a me interessa soltanto che nel breve periodo si possa tenere il congresso del mio partito. Altrimenti credo che la scissione sarà inevitabile. E sarà stata evidentemente voluta da quanti, affermando di volere democrazia interna, avranno poi lavorato per negarla nei fatti»
Dica la verità, non è che moriremo democristiani?
«Personalmente non ho mai vissuto da democristiano, non vedo perché dovrei fare quella fine».