Nomine di Stato col trucco: Palazzo Chigi ora vuole Presidenti e Ad separati. L’ultimo trucchetto del Governo per inventarsi più poltrone

Nomine di Stato col trucco: Presidenti e Ad separati. L'ultimo trucchetto del Governo per inventarsi più poltrone

Piano piano la vicenda si sta delineando per quello che veramente è: una partita di potere. Al di là delle spiegazioni procedurali, infatti, è questa la ragione principale dei rinvii che tengono bloccate le nomine nelle società non quotate partecipate dal Tesoro. In teoria la questione dovrebbe essere definita tra una quindicina di giorni, quando un decreto correttivo della riforma Madia chiarirà che è facoltà dell’azionista, cioè del ministero guidato da Pier Carlo Padoan, chiedere il mantenimento di un Cda a tre membri o l’adozione di un amministratore unico. Già messa così è facilmente immaginabile quale opzione potrà essere esercitata dal Tesoro.

Il dettaglio – Adesso, però, è arrivata un’altra novità. A quanto pare il Governo, in particolare palazzo Chigi e il ministero dello Sviluppo economico guidato da Carlo Calenda, starebbe lavorando a una sorta di sdoppiamento dei vertici nelle società pubbliche coinvolte nei rinnovi. La principali partecipate in gioco, infatti, attualmente riuniscono in capo a un unico soggetto la carica di presidente e Ad: Sogesid (il casiniano Marco Staderini), Consap (l’ex Dg della Rai Mauro Masi), Ram-Rete Autostrade Mediterranee (l’alfaniano Antonio Cancian), Istituto Luce Cinecittà (Roberto Cicutto). Tra le partecipate dirette va anche aggiunta Sga-Società di gestione delle attività, in pratica la ex bad bank del Banco di Napoli riesumata dal Tesoro per cercare di risolvere l’annosa questione dei crediti deteriorati delle banche. In più c’è tutta una serie di società “controllate dalle controllate”. Come si vede in ballo c’è un bel gruzzoletto di poltrone.

La situazione attuale – In base alle vigenti norme sulla spending review in tutte queste società i Cda sono composti da tre membri, con la guida affidata a un presidente-Ad. Con la novità allo studio del Governo il Cda rimarrebbe a tre membri, almeno così è dato sapere, ma verrebbero separate le cariche di presidente e Ad. Difficile non vedere, se questa operazione andasse in porto, un tentativo di mettere a disposizione più poltrone di rilievo con stipendi collegati. Cosa che rappresenterebbe un passo indietro rispetto alla situazione attuale. Ad ogni modo si tratta di un indizio che fa capire come questi rinvii siano anche legati a una partita di potere che sta a cuore a molti, soprattutto in una situazione di confusione politica all’interno della quale le elezioni a settembre/ottobre se fanno sempre più concrete. L’esito finale è dietro la porta.

Tw: @SSansonetti