Il destino dell’ex eurodeputata azzurra Lara Comi (nella foto) è appeso alla decisione del Tribunale del Riesame di Milano. Arrestata il 14 e messa ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta denominata “Mensa dei poveri”, relativa un sistema di mazzette, nomine e appalti pilotati e finanziamenti irregolari alla politica in Lombardia e accusata di corruzione, truffa aggravata al Parlamento europeo, finanziamento illecito e false fatture, l’esponente di FI ha preso personalmente parte all’udienza in cui si è discusso il suo ricorso, con cui ha chiesto di essere rimessa in libertà. E i giudici si sono riservati la decisione. La difesa della Comi ha inoltre presentato alla Procura di Milano una richiesta di confronto tra l’ex europarlamentare e gli altri coindagati, a partire dall’azzurro Nino Caianiello.
L’inchiesta che la coinvolge, tuttavia, riserva nuove sorprese. Sono spuntate, infatti, altre somme di denaro che, sempre secondo i sospetti degli inquirenti, la Comi avrebbe incassato in modo illecito durante un periodo del suo mandato al Parlamento europeo. Soldi che le avrebbe consegnato, stando a nuovi atti del filone della maxi indagine milanese ‘mensa dei poveri’ nel quale l’ex eurodeputata di FI e’ finita ai domiciliari il 14 novembre, una persona che svolgeva il ruolo di “terzo erogatore”, incaricato di ricevere dall’Europarlamento gli stipendi mensili, anche da 3mila euro, da versare ai collaboratori dell’allora eurodeputata. Stando ad un’informativa della Gdf, pero’, depositata agli atti del Riesame a cui ha fatto ricorso la difesa, il “terzo erogatore” in realta’ avrebbe, pare tra il 2014 e il 2015, incassato lui stesso i compensi di un collaboratore, in particolare, dell’allora eurodeputata, intestandosi gli assegni, e poi avrebbe fatto avere i soldi in contanti a Comi e a suo padre (Comi avrebbe firmato quietanze nel ricevere le somme).