Non c’è pace in Calabria. Indagato ex consigliere di Fi. Claudio Parente è accusato di corruzione. Avrebbe dato incarichi in cambio di un terreno

Non c’è pace per la politica calabrese. Dopo il terremoto politico causato dall’arresto di lunedì del consigliere dem Antonio Castorina per una vicenda di brogli elettorali con anziani e defunti che sono stati fatti figurare come votanti, un’altra vicenda giudiziaria scuote la Regione con la Guardia di Finanza che ha eseguito un provvedimento di sequestro preventivo, ai fini della confisca, di 37.682 euro nei confronti di Claudio Parente (nella foto), ex Consigliere regionale nonché ex capogruppo di Forza Italia nella stessa assise. Come emerso ieri, l’azzurro risulta indagato, dalla Procura di Catanzaro, diretta dal procuratore Nicola Gratteri, per peculato e corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio. Nello stesso fascicolo risultano indagati anche i consiglieri comunali di Catanzaro Francesco Gironda e Giuseppe Pisano.

SCAMBIO DI FAVORI. Al centro dell’inchiesta c’è una delibera del Consiglio comunale di Catanzaro che sarebbe avvenuta in cambio di due assunzioni. La vicenda risale al 13 settembre 2018 quando il consiglio comunale approva la delibera con la quale l’ente decide favorevolmente, con il voto di Gironda e Pisano, sulla possibilità di cedere un terreno di proprietà comunale all’associazione interregionale Vivere Insieme, operante principalmente nel settore dei servizi sanitari in convenzione. Si tratta, secondo i pm, di un’area inserita in un progetto di riqualificazione da parte del Comune che sarebbe stata concessa all’associazione di cui era titolare di fatto proprio Parente.

Un favore per il quale, secondo il procuratore aggiunto Giancarlo Novelli e il pubblico ministero Graziella Viscomi, sarebbe avvenuto in cambio dell’assunzione del fratello di Gironda e della compagna di Pisano nella struttura di Parente. Che l’ingaggio dei due è la contropartita in questo scambio di favori, per i magistrati è evidente in quanto “le assunzioni sono prive di causa e neppure giustificabili con la vicinanza politica fra i soggetti coinvolti” e quindi “il conferimento dell’incarico non funzionale a soddisfare esigenze istituzionali del consigliere Parente, bensì tendente a compiacere esigenze private dell’imprenditore Parente”.

Ma c’è di più perché quest’ultimo, secondo i pm, “ha usato i fondi regionali come proprietario, distorcendo le finalità e piegandole a servire i propri obiettivi illeciti” e per questo è accusato anche di peculato. Una ricostruzione pesantemente avversata dai legali di Parente, convinti di poter dimostrare l’innocenza del loro assistito, secondo cui la delibera del Consiglio comunale di Catanzaro “non ha mai sancito alcuna cessione di aree, previste dal Progetto di riqualificazione delle periferie, approvato dal governo, anche perché l’Associazione Vivere Insieme, avrebbe potuto procedere alla acquisizione delle stesse aree, mediante trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, esercitando il proprio diritto di riscatto, per come riconosciutogli dalla legge, come già effettuato dal Comune di Catanzaro per situazioni analoghe”.