La Sveglia

Non è solo Netanyahu è il sistema dell’apartheid

Il genocidio ha bisogno di propaganda, come primo passo per lo sterminio. Ha bisogno di una regia che sappia umanizzare l’orrore, raccontarlo come incidente, come costo collaterale, come atto tecnico. I morti sono “errori”, gli sfollamenti forzati si trasformano in “evacuazioni umanitarie”, e la fame, quella scientificamente indotta, diventa “distribuzione di aiuti”.

Oggi gli affamati vengono adescati in massa con la scusa del pane. Immagini aeree mostrano file ordinate che ricordano i campi più bui della storia: corpi magri e mani protese verso un sacchetto di riso, usato come esca per spostare interi quartieri. Il tutto gestito da mercenari americani già condannati per crimini di guerra. Intanto si costruiscono 22 nuovi insediamenti illegali in Cisgiordania, come annunciato dal ministro Katz e dal fanatico Smotrich, celebrando “un grande giorno per il movimento degli insediamenti”. Una colonizzazione attiva, militare, permanente, in pieno corso.

La propaganda (umanitaria) è il concime per il consenso per il genocidio. Netanyahu è la maschera perfetta di questa operazione, ma non l’unico attore. L’illusione che la sua caduta basti a rimettere le cose a posto è una comoda bugia per chi, nel frattempo, ha fornito armi, appoggi politici e coperture mediatiche. Il sistema resta.

Chi ha cominciato a osservare la Palestina il 7 ottobre 2023 può credere che basti cambiare premier per cambiare rotta. Chi guarda da anni sa che la sostanza resta intatta, anche se cambiano i nomi. E sa che parlare di “aiuti” mentre si costruisce l’apartheid è il più violento degli inganni. Ora il rischio è che ci servano un genocidio umanitario.