Non fu corruzione. Fitto e Angelucci assolti in appello. Il fatto non sussiste, la Corte ribalta la sentenza di condanna in primo grado

Tirano un bel sospiro di sollievo Raffaele Fitto e l’imprenditore Giampaolo Angelucci. E’ arrivata la soluzione a Bari nell’ambito del processo d’appello nell’inchiesta la Fiorita. L’ex azzurro era accusato di corruzione, finanziamento illecito ai partiti e abuso d’ufficio. Nel mirino era finito un versamento da 500 mila euro da parte delle aziende che facevano capo ad Angelucci. In primo grado era arrivata la condanna per Fitto a quattro anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici; Angelucci, invece, era stato condannato a tre anni e sei mesi.

LA LUNGA INDAGINE
I fatti contestati si riferiscono agli anni che vanno dal 1999 al 2005 quando Fitto era presidente della regione Puglia. Le aziende che facevano capo ad Angelucci, secondo l’accusa, avrebbero elargito 500mila euro come contributo elettorale. Le indagini partirono da un finanziamento dato alla lista “la Puglia prima di tutto” a sostegno della candidatura di Fitto nel 2005 (era presidente uscente e fu sconfitto da Vendola). Prima di quel presunto finanziameto alcune aziende sanitarie del gruppo Angelucci avevano vinto un appalto da 198 milioni per realizzare undici Residenze Sanitarie Assistite. Per la Procura, il contributo elettorale, elargito nel rispetto dei regolamenti elettorali esistenti all’epoca dei fatti. Questo era quello che sosteneva nella sua difesa Fitto. E ora la sentenza d’appello gli ha dato ragione.