Dalla riforma della giustizia al caso Almasri, passando per le decisioni dei giudici sui migranti e i Centri in Albania. Il rapporto tra il governo Meloni e la magistratura è tra quelli a più alta tensione. Gli attacchi alle toghe da parte delle destre hanno toccato in questi anni vette altissime. Fa quindi un certo effetto che ieri il Guardasigilli Carlo Nordio si sia augurato “che questa aggressività verbale, specie da parte della magistratura cessi e che la polemica sia pure accesa venga mantenuta in termini razionali, pacati e giuridici”.
L’appello di Nordio perché la magistratura abbandoni l’aggressività dopo aver usato un tone aggressivo verso i giudici
Un’affermazione peraltro che arriva a corollario di un ennesimo e scomposto attacco alla categoria. Dire che la riforma della giustizia è un attentato alla Costituzione è “un’affermazione quasi schizofrenica”, ha detto il ministro della Giustizia, prendendo in prestito un disturbo mentale per screditare le perplessità e le critiche dei magistrati alla separazione delle carriere.
“Nessun governo nella storia ha aggredito verbalmente la magistratura come quello di Meloni e Nordio, che ha superato persino la stagione berlusconiana”, hanno affermato i rappresentanti del M5S nelle commissioni Giustizia della Camera e del Senato. Vale la pena dunque ricordare un paio di esternazioni dello stesso ministro Nordio e dei suoi colleghi.
Gli attacchi di Nordio alla magistratura
Pochi minuti dopo il voto della Camera che il 9 ottobre ha respinto, a maggioranza, la richiesta di autorizzazione a procedere per lui, per il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi e per il sottosegretario Alfredo Mantovano, Nordio affermò che “lo strazio che il tribunale dei Ministri ha fatto delle norme più elementari del diritto è tale da stupirsi che non gli siano schizzati i codici dalle mani, ammesso che li abbiano consultati”.
Qualche mese prima – era luglio – Nordio aveva attaccato duramente Raffaele Piccirillo, sostituto procuratore generale di Cassazione, ex capo di gabinetto e dirigente del ministero, per un’intervista rilasciata a Repubblica in cui Piccirillo spiegava il perché, secondo lui, si fosse sbagliato tutto sul caso Almasri.
“Che un magistrato si permetta di censurare su un giornale le cose che ho fatto, in qualsiasi paese al mondo avrebbero chiamato gli infermieri. Potrebbe essere oggetto di valutazione. I magistrati – aveva poi minacciato – sono convinti di godere di una impunità tale da poter dire quello che vogliono. Questo rimane fino a che non faremo una riforma”.
Risalendo più indietro – era giugno – parlando al Senato, sempre in occasione della riforma della giustizia, Nordio aveva lanciato un attacco durissimo alla magistratura e alle sue istituzioni, primo tra tutti, il Consiglio superiore della magistratura. “Il Csm – aveva detto Nordio – sotto la direzione, peraltro non unica, di Palamara ha di fatto operato un mercimonio, una baratteria di cariche. Poi tutto è finito lì. Sono stati sacrificati quattro componenti del Consiglio e il resto della polvere è stato messo sotto il tappeto. Ma voi volete veramente credere che quel mercimonio, quel mercato delle vacche, quel verminaio che è emerso fosse limitato a Palamara e a queste quattro persone che sono state costrette a dimettersi? Se credete a questo, potreste veramente credere all’asinello che vola”.
La mobilitazione della Lega contro le toghe politicizzate
Era ottobre dello scorso anno quando la Lega chiamò alla mobilitazione contro le “toghe politicizzate”, intrecciando il caso Albania a quello Open Arms. In un’intervista al Tg1, citando i dodici migranti spostati dall’Albania a Bari, dopo la decisione del tribunale di Roma, Matteo Salvini dichiarò: “Se qualcuno di questi dodici domani commettesse un reato, rapinasse, stuprasse, uccidesse qualcuno, chi ne paga le conseguenze? Il magistrato che li ha riportati in Italia? Vorrei sapere perché tra tutti i lavoratori che pagano per i propri errori, i magistrati non pagano mai”. E ancora: “I confini sono sacri, non si capisce perché, secondo qualche giudice, possono arrivare in Italia cani e porci”, aggiunse il vicepremier e leader della Lega.
L’ira di Meloni contro i giudici
Stesso mese, stesso anno, l’ira di Giorgia Meloni: “E’ molto difficile lavorare e cercare di dare risposte a questa nazione quando si ha anche l’opposizione di parte delle istituzioni che dovrebbero aiutare a dare risposte”, dichiarò la premier, definendo “pregiudiziale” la decisione dei giudici di Roma sui migranti in Albania.
Gennaio di quest’anno invece l’attacco di Meloni al pm che le aveva comunicato l’iscrizione nel registro degli indagati, Francesco Lo Voi, sul caso Almasri. “Era chiaramente un atto voluto”, dichiarò la premier mettendosi contro chi diceva che l’azione di Lo Voi è stata, al contrario, un atto dovuto.
Per la premier l’iniziativa di Lo Voi ha fatto “un danno alla Nazione”. E sarebbe l’esempio di come “un pezzetto di magistratura vuole governare”, ma allora, incalzò Meloni, “si candidino: non si può fare che loro governano e io vado alle elezioni”.
Ad agosto di quest’anno Meloni ha dichiarato che ci sarebbe un vero e proprio “disegno politico intorno ad alcune decisioni della magistratura” e in particolare “quelle che riguardano l’immigrazione”.