Nordio insiste a frenare i pubblici ministeri. Ma Conte è pronto alle barricate

Nordio insiste a voler frenare i pubblici ministeri. Ma Conte è già pronto alle barricate per difendere la Giustizia italiana

Se la riforma della Giustizia dell’ex ministro Marta Cartabia aveva creato non poco malcontento, quella soltanto paventata da Carlo Nordio rischia di risultare indigesta a tutta la magistratura.

Davanti alla Commissione Giustizia della Camera il guardasigilli non le ha mandate a dire e senza mezzi termini ha spiegato che “quando si parla di separazione delle carriere, di discrezionalità dell’azione penale, di differenza tra giudice del fatto e giudice del diritto non si tratta di ideologia o di aspirazione metafisiche ma di introdurre un sistema coerente. E noi abbiamo un sistema ordinamentale penalistico incoerente perché poggia su pilastri incompatibili tra di loro”.

Secondo il suo ragionamento, fatto per spiegare quelle che sono le linee programmatiche del Governo in materia, questa confusione “ha comportato un vulnus a una serie di diritti individuali, primo dei quali la presunzione di innocenza che continua ad essere vulnerale in vari modi, primo è l’uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni, la loro oculata selezione con la diffusone pilotata, e l’azione penale capricciosa”.

Il riferimento è all’obbligatorietà dell’azione penale che vige in Italia ma non “negli ordinamenti anglosassoni dove è discrezionale, ma discrezionalità non vuol dire arbitrio. Chi si assume questa discrezionalità? Non possono essere le procure a decidere cosa perseguire e cosa no”.

Altra stoccata è quella che il guardasigilli ha riservato in relazione all’uso delle informazioni di garanzia che, a suo avviso, sono spesso “strumentali” e al ricorso alla pratica della “custodia cautelare” che “non può essere lasciata al vaglio di un giudice singolo” ma che deve passare per le mani di un “organo collegiale”. Inutile dire che per farlo servirebbe un corposo aumento di magistrati ma sul punto il governo è da tempo silente.

Piano a lungo termine

Quel che è certo è che nel mettere in piedi la sua idea di giustizia, il ministro “intende dare priorità alle riforme che riguardano questioni che possono avere un impatto diretto sull’economia, sia sulla semplificazione normativa che sulla rimodulazione delle responsabilità penali”. In particolare “la priorità assoluta è avere una giustizia più efficiente”. Come riuscire a ottenerla, però, resta un mistero.

Non solo. Nordio ha poi parlato del divisivo tema della separazione delle carriere che giudica non più rimandabile in quanto “svolgono due mestieri diversi e non ha senso che condividano lo stesso ordine”. E a chi gli paventava potenziali problemi da questa separazione, il ministro ha risposto: “Potete immaginare che io possa volere una soggezione del pm al potere esecutivo? È quasi un insulto. La separazione delle carriere non è soggezione all’esecutivo”.

Pronti alle barricate

Un progetto che non piace soltanto al governo visto che ha già riscosso il plauso del Terzo polo, con Raffaella Paita che ha rivelato come il suo partito è pronto a sostenere la riforma che “ci piace perché finalmente, dopo tanti anni, va nella direzione di una concezione garantista della giustizia”.

Chi non ne vuole sapere e preannuncia battaglia è Giuseppe Conte che sul tema della legalità non accetta passi indietro: “Quella di Nordio è una visione della giustizia che noi contrastiamo, ci riporta a disegni di qualche decennio fa, delle forze di destra e di centrodestra. Soprattutto è assolutamente irragionevole fare dei passi indietro dopo che abbiamo introdotto una legge spazzacorrotti”.

Questo perché dietro la corruzione spesso si celano “reati più gravi contro la pubblica amministrazione spesso collegati alla mafia degli appalti e alla criminalità organizzata”. Bocciato anche il progetto della separazione della carriera visto che, spiega il leader pentastellato, “esiste già di fatto” come anche l’intenzione di “limitare le intercettazioni e le altre misure, come quella dell’azione del pubblico ministero che deve soggiacere alle direttive politiche”.