Nuovi contagi e decessi in calo. Ma l’indice di positività è al 18%. I prossimi dieci giorni decisivi per evitare il lockdown

I numeri post weekend, si sa, vanno presi sempre con le pinze anche se, in valori assoluti, si registra una diminuzione dei nuovi positivi: 27.354 ma con 152.663 tamponi effettuati, vale a dire oltre 40 mila test in meno eseguiti. E l’indice di positività che risale al 17,9 per cento. Cresce ancora, quindi, il rapporto tra positivi al Covid e il numero di test effettuati, sfiorando così il 18 per cento. In calo, invece, il numero dei decessi: 504 registrati ieri rispetto ai 546 del giorno precedente, per un totale di 45.733 vittime dall’inizio della pandemia.

GUARDIA ALTA. Non c’è, dunque, da abbassare la guardia anche se a fronte dei numeri Domenico Arcuri, commissario all’emergenza Covid-19 è rassicurante. “In Italia a marzo c’erano 5.179 posti letto di terapia intensiva. Al picco dell’emergenza della prima ondata noi avevamo circa sette mila pazienti Covid ricoverati in terapia intensiva, duemila di più di quelli che la totalità dei reparti potevano accogliere. Oggi abbiamo circa diecimila posti, li abbiamo raddoppiati, e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese. Oggi i ricoverati in terapia intensiva sono 3.400, quindi la pressione su questi reparti non c’è”.

Insomma sembrerebbe una giornata positiva sul fronte pandemia. Ma numeri alla mano si capirà solo a partire da metà della prossima settimana se il contagio sta effettivamente rallentando, se la ripartizione in zone funziona e cosa accadrà il 3 dicembre quando scadrà il dpcm che ha portato alle nuove misure contenitive.

GIORNI CRUCIALI. Certo è che le vaccinazioni di massa non cominceranno prima del secondo semestre del 2021. Le prime dosi, invece, potrebbero essere somministrate la terza o la quarta settimana di gennaio. L’annuncio è arrivato dal ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha rappresentato due prospettive: una a brevissimo termine e una che guarda al futuro. “Vogliamo governare la curva, senza arrivare al lockdown totale. I prossimi sette-dieci giorni saranno decisivi, e ci diranno se la divisione del Paese in tre zone, e il meccanismo sostanzialmente automatico delle restrizioni regione per regione, sta dando i frutti che tutti speriamo” dice il ministro. “Io – sottolinea Speranza – resto molto prudente, ma i nostri esperti del Cts ci dicono che la curva dei contagi si va stabilizzando”.

Il Natale è alle porte ma secondo il ministro della Salute, è ancora troppo presto per parlarne: “Capisco che le feste siano un momento importante, per tutti gli italiani – avverte -. Ma diciamolo con chiarezza: a Natale mancano quaranta giorni, che sul piano epidemiologico sono un tempo molto lungo. Chiedo a tutti gli italiani di tenere i piedi ben piantati per terra. Stiamo calmi, il vaccino arriverà, ma sui modi e i tempi – sottolinea ancora il ministro – io voglio fare un passaggio in Parlamento e poi con le Regioni.

In ogni caso, all’inizio avremo solo una quota minima di dosi, che ci consentirà di vaccinare, se va bene, 1,7 milioni di persone, tra personale medico-sanitario e Rsa. Ma ripeto: sarà solo una prima fase, che coinvolgerà un numero molto limitato di persone”. C’è in ultimo un altro dato che gli esperti ritengono di non sottovalutare: la persistenza degli anticorpi nei soggetti che hanno già contratto la malattia.

ULTIME RICERCHE. I ricercatori dell’Istituto superiore di sanità (Iss) hanno dimostrato la persistenza degli anticorpi che bloccano la proteina spike del virus Sars-Cov-2 nelle persone che hanno contratto l’infezione. Il dato è emerso sulla base dei test sierologici effettuati su un campione di circa settemila soggetti provenienti da cinque comuni del Trentino Alto Adige risultati particolarmente esposti alla prima ondata pandemica.

La notizia è stata comunicata da Giovanni Rezza, della Direzione generale prevenzione del ministero della Salute. Secondo quanto riferito, la presenza degli anticorpi neutralizzanti apre scenari positivi sull’effettiva protezione dei vaccini in arrivo. “In termini vaccinali, significa che la maggior parte delle persone che hanno questi anticorpi sono protette – ha concluso l’esperto -. Dobbiamo essere comunque cauti, perché abbiamo ancora poche evidenze scientifiche fuori dai laboratori”.