Nuovi segni di ripresa economica. Le imprese assumono più manager. Crisi superata, i dirigenti tornano al livello del 2014. E sono in arrivo i benefici dell’ultima Manovra

Ieri a Roma l'assemblea nazionale di Federmanager

Anche i manager hanno superato la crisi industriale ereditata dall’attuale Governo, e un po’ a sorpresa vanno ad allungare l’elenco dei dati economici positivi, in buona compagnia con il Pil, la produzione e l’occupazione, A fare i conti è Federmanager, che ieri ha presentato il quadro nel corso della sua assemblea nazionale, a Roma. Nel 2018 i manager italiani occupati sono stati 70.572, in linea con i livelli del 2014, primo anno post-crisi in cui il Pil italiano è tornato positivo, con circa 71mila manager presenti.

RESTA MOLTO DA FARE. Dalla serie storica 2011-2018 analizzata da Federmanager su fonte Inps, tuttavia, si evidenzia una complessiva perdita di managerialità nelle imprese italiane: circa 5.000 posizioni in meno nel periodo considerato, con una flessione percentuale pari a -7%. Numeri che descrivono un quadro in cui la presenza dei manager è per lo più concentrata nelle imprese di grandi dimensioni. Dal 2016, anno dell’entrata in vigore del Piano Impresa 4.0, il numero totale delle aziende industriali è tornato a crescere, seppure lievemente, segnando nel 2018 294.205 imprese industriali, pari a un +0,8% rispetto al 2017 e a un +1,2% rispetto al 2016. Quelle di medio-grande dimensione hanno acquisito nuova managerialità, come dimostra il numero medio di manager nelle aziende con almeno un dirigente, che è passato dai 4,04 del 2011 ai 4,52 del 2018. Le imprese di piccole dimensioni, invece, esprimono una domanda di competenze manageriali ancora insufficiente rispetto al trend.

ALLARME SUD. Secondo il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla, «le imprese più strutturate sono quelle che hanno saputo approfittare degli incentivi 4.0 e che oggi sono competitive grazie anche all’investimento nella forza manageriale. La sfida vera riguarda le Pmi che, nonostante la vivacità industriale, sono più esposte ai rischi dell’innovazione digitale proprio perché prive delle competenze necessarie ad affrontare il cambiamento».
“Il capitale umano deve diventare una priorità di sistema. Una priorità per il decisore pubblico, ma anche per l’imprenditore”, ha detto Cuzzilla, secondo cui “tagliare l’investimento sulle persone non può essere la soluzione per un’impresa che vuole competere”.

Pertanto si è tornati a chiedere nuove agevolazioni fiscali legate all’industria 4.0, che riducano il costo del lavoro qualificato e agevolino il ricorso alle competenze. Strumenti come il “voucher per l’innovation manager”, approvato nella Manovra 2019 e ancora non attuato, sono vitali per aiutare in particolare le Pmi a dotarsi di managerialità”. Ma per Cuzzila non ci si può accontentare del dato 2018. “È certamente positivo aver arrestato il trend di fuoriuscita di manager dal mercato del lavoro – ha detto – ma preoccupa che la crescita abbia riguardato la fascia di età degli over 55 e sia concentrata nel Nord Italia. Stiamo perdendo giovani talenti e, la verità, è perché all’estero li trattano meglio. E stiamo sprecando le capacità industriali di un’intera parte del paese, il nostro Mezzogiorno, che non riesce ad essere attrattivo, per i più giovani e per i più capaci”.