Occhetto: ma quale deriva autoritaria

di Vittorio Pezzuto

«Fuori da questa politica si sta molto bene. La vedo con un certo raccapriccio» osserva Achille Occhetto, che confessa però di avere ancora «dei momenti di passioni, come in occasione delle primarie. Benché non faccia parte del Pd, ho infatti votato per Civati con l’intenzione di ancorare a sinistra Matteo Renzi».
Non lo è abbastanza?
«La prospettiva politica che offre è tuttora un’incognita. Però apprezzo che venga dalla Leopolda e quindi da una volontà di rinnovamento rispetto ai vecchi gruppi di potere del Pd. Molti lo hanno votato perché affascinati dall’ipotesi dell’uomo vincente. Ma una parte significativa di militanti e iscritti lo ha preferito perché disgustata da una vecchia classe dirigente. Quest’ultima dovrebbe finalmente comprenderlo e fare autocritica».
L’uomo del giorno è senz’altro Gianni Cuperlo, che militava nella Figc quando lei era segretario del Pci…
«Direi piuttosto che è l’uomo dell’altro ieri, per la velocità con cui procedono le cose. Lo conosco come una persona mite, anche gentile, e nelle primarie ho avvertito in lui un certo profumo di sinistra. Non mi convince però il fatto che non sia ancora riuscito a fare i conti con i referenti del vecchio gruppo dirigente, che tutto ha fatto tranne che portare a sinistra il partito. Quanto alle sue dimissioni, mi sembra abbia colto la palla al balzo per collocarsi in una posizione di alterità e di comando di un’opposizione interna che il ruolo di presidente non gli avrebbe consentito. Le sue obiezioni alla nuova legge elettorale mi sembrano secondarie, visto che è del tutto evidente una certa disponibilità a ritoccarla su alcune questioni. Non capisco poi quali critiche possa muovere sul piano formale, dal momento che la minoranza l’altro ieri si è limitata ad astenersi su un documento approvato a larghissima maggioranza. Mi sembra insomma troppo presto per accusare il segretario di perseguire una deriva autoritaria e omologante. Le sue critiche mi sembrano invece riprodurre una forma di esasperazione tipica di un dibattito interno molto burocratico e che sa tanto di stantio».
Renzi ha quindi fatto bene a trattare innanzitutto con Berlusconi?
«Il fatto stesso che questo aspetto sia diventato il centro del problema significa che la politica e il giornalismo hanno molto tempo da perdere in facezie. Le proteste della sinistra interna del Pd mi fanno davvero ridere: lo scandalo andava sollevato semmai sulla sciagurata decisione di formare un governo con Berlusconi. Mentre è del tutto evidente che sulle regole ci si accorda sempre con l’avversario. Avviene nelle partite a carte, non vedo perché non si dovrebbe fare in politica».
Le liste saranno corte ma bloccate. È d’accordo con questo sistema elettorale?
«Confesso che questa è la parte che mi affascina di meno. Sono più interessato alla possibilità di garantire il bipolarismo. Anche se continuo a preferire il modello francese con collegi uninominali e doppio turno. Per migliorare la situazione, se fossi in Parlamento mi batterei comunque per una legge che istituzionalizzi le primarie per la scelta dei candidati».
Resteranno in vita le coalizioni, che hanno sempre reso instabile qualsiasi governo.
«Il problema sta nelle scelte politiche. Se le coalizioni sono solo funzionali all’immediata vittoria e non forme reali, ideali, politiche di contaminazioni tra realtà diverse ma appartenenti a un unico ceppo allora è chiaro che non possano reggere nei passaggi decisivi. E nessuna legge elettorale potrà mai superare questo limite».
Ci sarà il tempo per approvare anche le riforme costituzionali previste nell’accordo?
«Molto dipenderà ovviamente dalla capacità di tenuta dell’esecutivo. Bisognava ritornare al voto molto tempo fa ma ormai il disastro è stato fatto. Però più si va avanti con questo governo che non è né carne né pesce e maggiori sono le probabilità per chi lo sostiene di trovarsi in difficoltà di fronte all’elettorato. A guadagnarci saranno Grillo e la parte più radicale del centrodestra».
I gruppi parlamentari del Pd sono quelli nominati a suo tempo da Bersani. C’è il rischio di un’imboscata ai danni di Renzi, come già contro Prodi candidato alla presidenza della Repubblica?
«Molte tentazioni in quella direzione ci sono già e continueranno a esserci. Però questa volta il risultato sarebbe così disastroso da consigliare tutti a pensarci due volte. Se questo accorso dovesse essere smentito dal Parlamento il governo Letta non reggerebbe più e si tornerebbe a votare con quello che è rimasto del Porcellum: un proporzionale puro che ci riporterebbe tutti al punto di partenza, costringendo a nuove larghe intese. Uno scenario che va evitato a ogni costo. Ecco perché occorre mantenere la barra ferma nella direzione del bipolarismo».