Olimpiadi Milano-Cortina 2026, la Corte dei Conti avverte sui ritardi e sull’eredità delle opere

Olimpiadi, allarme della Corte dei conti su ritardi, costi e rischio di impianti inutilizzati. L’eredità dei Giochi

Olimpiadi Milano-Cortina 2026, la Corte dei Conti avverte sui ritardi e sull’eredità delle opere

Mancano pochi mesi all’apertura delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 e la Corte dei Conti è tornata a bussare alla porta con una relazione di 180 pagine che ha più il tono del richiamo urgente che della consueta vigilanza amministrativa. Nel mirino ci sono le infrastrutture: strade, impianti, collegamenti ferroviari, opere “essenziali e indifferibili” che devono essere pronte entro l’inizio delle gare.

Secondo la magistratura contabile gli interventi complessivi sono 111, distribuiti tra Lombardia, Veneto, Trentino e Alto Adige. Di questi, 98 risultano finanziati e da concludere entro il 2025, mentre tre presentano ancora coperture parziali e potranno essere completati solo per fasi. È il quadro di un cantiere diffuso in cui la corsa contro il tempo si intreccia con la complessità amministrativa e una governance che mostra segni di affanno.

La questione dei tempi e della governance

Simico è la società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 chiamata a coordinare Anas, Rfi e gli enti territoriali. La Corte chiede un aggiornamento realistico dei cronoprogrammi, perché le tabelle ufficiali non coincidono più con l’avanzamento effettivo dei lavori. Già nel 2023 molte opere erano ferme alla progettazione preliminare, mentre l’aumento dei costi post-pandemia ha imposto revisioni ai piani economici, allungando ulteriormente le tempistiche.

A rendere la situazione ancora più delicata si aggiunge l’inchiesta che ha investito la Fondazione Milano-Cortina, con dubbi sulla legittimità dell’intervento normativo che ha ristretto la possibilità di controllo giudiziario sugli appalti. Un doppio fronte – amministrativo e giudiziario – che arriva quando il margine per intervenire si misura ormai in settimane.

L’eredità dei Giochi e le cattedrali sulla neve

La Corte non si limita a segnalare ritardi. Il cuore della relazione riguarda la cosiddetta legacy, cioè ciò che resterà dopo la cerimonia di chiusura. Il monito è evidente: senza un piano di utilizzo sostenibile, gli impianti rischiano di diventare costi permanenti per gli enti locali. La magistratura contabile chiede manutenzione programmata, destinazioni vincolate, e forme di partenariato nella gestione futura, per evitare che il peso della spesa cada interamente sulla fiscalità generale.

È una richiesta semplice nella formulazione, complessa nella pratica: decidere chi gestirà cosa, come, e con quali risorse, prima che gli impianti vengano consegnati. Troppe esperienze internazionali mostrano cosa accade quando questo passaggio viene rinviato: palazzetti chiusi, piste inutilizzate, aree che tornano vuote nel giro di una stagione.

La Corte scrive che le opere devono diventare “un patrimonio durevole per la comunità”. In questa frase si condensa la distanza tra la celebrazione e la responsabilità pubblica. Milano-Cortina è una vetrina globale, ma è soprattutto un test sulla capacità dello Stato di programmare e mantenere ciò che costruisce.

La politica aveva promesso rapidità e modello territoriale. Oggi la domanda è più essenziale: ci arriveremo in tempo, e cosa resterà quando i riflettori si spegneranno?