Ong in rivolta contro l’Italia: “Migranti condannati in mare”

Per le Ong le nuove norme approvate dal governo Meloni ostacolano e criminalizzano i soccorsi in mare.

Ong in rivolta contro l’Italia: “Migranti condannati in mare”

Da una parte ci sono le Ong impegnate a salvare vite umane nel Mediterraneo che denunciano le nuove norme del governo Meloni finalizzate ad ostacolare la loro attività e a criminalizzarle. Dall’altra, a dar loro man forte, c’è l’Europa che ricorda che “salvare vite in mare è un obbligo morale e legale”.

Per le Ong le nuove norme del governo Meloni ostacolano e criminalizzano i soccorsi in mare

Non c’è pace per il decreto Ong entrato in vigore martedì scorso. I punti cardine del provvedimento riguardano una serie di nuove condizioni a cui le navi, in particolare quelle di ricerca e soccorso come quelle delle Organizzazioni non governative, devono attenersi a seguito delle operazioni di salvataggio in mare prima dello sbarco in un porto italiano. La violazione di tali norme prevede sanzioni che possono arrivare fino a 50mila euro, il sequestro e perfino la confisca delle imbarcazioni.

Ieri le Ong hanno preso carta e penna e hanno contestato in un documento punto per punto il testo. Tra i firmatari ci sono Emergency, Medici senza frontiere, Mediterranea Saving Humans, Mission lifeline, Open Arms, Resq – People Saving People, Resqship, Salvamento Marìtimo Humanitario, Sea Eye, Sea-Watch, Sos Humanity e Alarm Phone.

“Il nuovo decreto legge ridurrà le capacità di soccorso in mare e renderà ancora più pericoloso il Mediterraneo centrale”

“Il nuovo decreto legge ridurrà le capacità di soccorso in mare e renderà ancora più pericoloso il Mediterraneo centrale, una delle rotte migratorie più letali al mondo. Il decreto è apparentemente rivolto alle Ong di soccorso civile, ma il vero prezzo sarà pagato dalle persone che fuggono attraverso il Mediterraneo centrale e si trovano in situazioni di pericolo”, scrivono le organizzazioni civili impegnate nelle attività di ricerca e soccorso (Sar) nel Mediterraneo centrale, esprimendo “viva preoccupazione per l’ultimo tentativo di un governo europeo di ostacolare l’assistenza alle persone in difficoltà in mare”.

Dal 2014, le navi di soccorso civili stanno riempiendo il vuoto che gli Stati europei hanno deliberatamente lasciato con l’interruzione delle proprie operazioni Sar, ricorda il gruppo di Ong, spiegando di aver svolto in tutti questi anni un ruolo essenziale nel colmare questa lacuna e nell’evitare la perdita di altre vite in mare, rispettando sistematicamente le leggi in vigore.

“Ciononostante, gli Stati membri dell’Ue – Italia in testa – hanno tentato per anni di ostacolare le attività di ricerca e soccorso civili attraverso la diffamazione, iniziative amministrative e la criminalizzazione di Ong e attivisti”. Il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, infatti, respingendo al mittente il documento rinnova alle Ong l’accusa di essere “taxi del mare, che aiutano i trafficanti di persone”, “centri sociali naviganti” che “intensificano le tragedie del mare”.

Nonostante il già vasto quadro giuridico completo per le attività Sar il governo Meloni – argomentano le Ong – ha introdotto altre norme per le imbarcazioni civili Sar che “ostacolano le operazioni di salvataggio e mettono ulteriormente a rischio le persone in pericolo in mare”. Tra le altre regole, il governo italiano richiede alle navi di soccorso civili di dirigersi immediatamente in Italia dopo ogni salvataggio. Questo provocherebbe ulteriori ritardi nei soccorsi, considerato che le navi di solito effettuano più salvataggi nel corso di diversi giorni.

Secondo le Ong l’ordine di procedere immediatamente verso un porto, mentre altre persone sono in difficoltà in mare, contraddice l’obbligo del comandante di prestare assistenza immediata alle persone in difficoltà, come sancito dall’Unclos. Questo elemento del decreto è aggravato dalla recente politica del governo italiano di assegnare più frequentemente ‘porti lontani’, che distano fino a quattro giorni di navigazione dall’ultima posizione delle navi.

“Entrambe le disposizioni sono progettate per tenere le navi Sar fuori dall’area di soccorso per periodi prolungati e per ridurre la loro capacità di assistere le persone in difficoltà – denunciano -. Le Ong sono già messe a dura prova dall’assenza di operazioni Sar gestite direttamente dagli Stati e la diminuzione della presenza di navi di soccorso si tradurrà inevitabilmente in un numero ancora più alto di naufragi”.

E ancora. Tra le questioni sollevate dal nuovo decreto c’è l’obbligo di raccogliere a bordo delle navi di soccorso i dati dei sopravvissuti, che esprimono la loro intenzione di chiedere protezione internazionale, e di condividere queste informazioni con le autorità. “È dovere degli Stati avviare questo processo e una nave privata non è il luogo adatto per farlo”, replicano le Ong.

“Come recentemente chiarito dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), le richieste di asilo dovrebbero essere trattate solo sulla terraferma, dopo lo sbarco in un luogo sicuro, e solo una volta soddisfatte le necessità immediate”. Nel complesso – denunciano i firmatari del documento – il decreto legge italiano contraddice il diritto marittimo internazionale, i diritti umani e il diritto europeo e dovrebbe, quindi, suscitare una forte reazione da parte della Commissione europea, del Parlamento europeo, degli Stati membri e delle istituzioni europee.

“Noi, organizzazioni civili impegnate nelle operazioni Sar nel Mediterraneo centrale – aggiungono -, esortiamo il governo italiano a ritirare immediatamente il decreto legge appena emanato. Chiediamo, inoltre, a tutti i membri del Parlamento italiano di opporsi al decreto, impedendone così la conversione in legge. Non abbiamo bisogno di un altro quadro politico che ostacoli le attività di salvataggio Sar, ma che gli Stati membri dell’Unione europea garantiscano che gli attori civili Sar possano operare, rispettando finalmente le leggi internazionali e marittime esistenti”.

L’Ue: “Salvare vite in mare è un obbligo morale e legale”

Chiara e limpida arriva la risposta dall’Europa. “Non spetta all’Ue guardare nello specifico il contenuto di questo decreto. Indipendentemente da cosa l’Italia stia facendo tramite un decreto, i Paesi membri devono rispettare la legge internazionale e la legge del mare”, sostiene la portavoce della Commissione Ue, Anitta Hipper. Ma il punto è inequivocabile: “Salvare vite in mare è un obbligo morale e legale”.

 

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