Ora la Consulta è avvisata. Sugli stipendi pubblici si rischia un nuovo buco. Bocciare il blocco costerebbe 35 miliardi

Questa volta il Governo, ammesso e non concesso che la critica fosse vera, prova a giocare d’anticipo. Se la Corte costituzionale bocciasse il blocco degli stipendi pubblici decretato dai precedenti esecutivi, ha certificato ieri l’Avvocatura dello Stato in una memoria consegnata alla Consulta, si produrrebbe un salasso sui conti pubblici da 13 miliardi di euro l’anno a partire dal 2016. Del resto è ancora troppo fresca nella memoria la decisione con cui la Corte costituzionale ha bocciato il blocco dell’indicizzazione delle pensioni. Il tutto scatenando un buco potenziale di 18 miliardi di euro, anche se poi con il decreto del Governo guidato da Matteo Renzi si sta provando a limitare i danni a 2,2 miliardi di euro, predendo rimborsi per 3,7 milioni di pensionati.

L’ATTRITO
In quell’occasione la Consulta, attaccata da più parti con l’accusa di non aver tenuto conto degli effetti della decisione sui conti pubblici, aveva provato a difendersi dicendo che l’esecutivo non aveva fatto pervenire dati sul rischio economico delle decisione. Giustificazione vera? Difficile da dire. Di sicuro, per non fornire nemmeno uno straccio di alibi formale, stavolta il Governo ha mandato avanti l’Avvocatura, che nella memeoria ha prefigurato il rischio di un’autentica voragine. In particolare, è scritto nella memoria memoria, “l’onere” della “contrattazione di livello nazionale, per il periodo 2010-2015, relativo a tutto il personale pubblico, non potrebbe essere inferiore a 35 miliardi”, con “effetto strutturale di circa 13 miliardi” annui dal 2016. La situazione è delicata perché i contratti dei dipendenti pubblici sono bloccati dal 2010, l’adeguamento sarebbe dovuto ripartire nel 2017, ma sul costo dell’operazione c’è parecchia incertezza. Il congelamento scattato cinque anni è costato già oltre 600 euro, ma l’ultima rilevazione dell’Istat in materia si ferma alla fine del 2013: il conto rischia quindi di essere ancora più salato. D’altra parte, l’alleggerimento della busta paga si spiega sia con il congelamento dei rinnovi contrattuali e lo stop alle maturazioni stipendiali, come gli scatti, sia con il freno al turnover.

LA DATA
La partita ora si sposta alla Consulta, dove per il prossimo 23 giugno è attesa un’udienza che valuterà la questione di legittimità costituzionale sul blocco della contrattazione nel pubblico impiego. L’avvocatura dello Stato chiede alla Corte costituzionale di considerare l’impatto economico della contrattazione: “Di tali effetti non si può non tenere conto a seguito della riforma costituzionale” che “ha riscritto l’art. 81 Cost, a partire dalla disposizione del nuovo comma 1, secondo la quale lo Stato assicura l’equilibrio fra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”. Di sicuro all’orizzonte c’è un appuntamento a dir poco fondamentale.