di Carmine Gazzanni
Forse l’unica parola che avrebbe senso pronunciare è “vergogna”. E non tanto per gli incredibili ritardi e per i continui rinvii della data ultima, non tanto perchè, nel frattempo, sono stati bruciati parecchi soldi pubblici (in totale parliamo di 273 milioni di euro), quanto per il fatto che, oggi, nonostante ancora siamo in alto mare, nessuna istituzione ha il coraggio di prendersi le proprie responsabilità riguardo alla mancata chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg). Perchè il punto è uno: l’Italia non è in grado di chiudere “luoghi di tortura”.
SCARICABARILE – È questo il quadro che emerge dall’ultima relazione presentata in Parlamento. Inizialmente dovevano chiudere il 31 marzo 2013 ma è stato deciso di rinviare la data di un altro anno. E poi ancora un altro anno. E un altro anno ancora. Fino ad arrivare, appunto, al 31 marzo 2015. Da aprile dell’anno scorso, infatti, gli Opg avrebbero dovuto chiudere e lasciar posto alle cosiddette “Rems” (Residenze per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza), strutture regionali (16 in totale), che dovrbbero essere meno repressive e più votate alle cura sanitaria. Ebbene, è passato un altro anno dall’ultima scadenza fissata dal Governo, ma negli Opg risultano presenti ancora 164 internati. E solo due sui sette complessivi sono ormai vuoti, mentre, per dire, a Montelupo Fiorentino ancora ci sono 48 detenuti rinchiusi. Senza dimenticare un altro particolare: a Castiglione delle Stiviere, secondo le associazioni, si è solo cambiato targa “trasformandosi” da Opg in Rems, ma restano oltre 200 internati. Insomma, un fallimento su tutta la linea. Un fallimento, però, che nessuno vuole conoscere. La situazione che emerge dalle pagine della relazione consegnata a Montecitorio è a dir poco imbarazzante. Dal report, infatti, emerge come l’Autorità Giudiziaria abbia attribuito all’Amministrazione Penitenziaria (Dap) “la mancata esecuzione dei provvedimenti di applicazione della misura di sicurezza detentiva”. Lo stesso Dap, però, ha risposto invece che è l’Amministrazione regionale a provvedere alla “esecuzione dei provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria”. Insomma, è il caos totale. E in tutto questo le Regioni? Dormono, come riconosciuto dagli stessi Tribunali di Sorveglianza di Reggio Emilia, Firenze e Messina. A questi, infatti, si sono rivolti gli stessi internati e i loro familiari, non vedendosi riconsocere i loro diritti. Ebbene, i giudici hanno riconosciuto alle Regioni “la responsabilità della situazione di fatto oggetto dei reclami e lesiva dei diritti dei reclamanti e, pertanto, l’onere della soluzione opportuna a porre rimedio al pregiudizio, assegnando precisi termini per l’adozione dei necessari provvedimenti”. Termini, però, che mancano e che nessuno ha dato, tanto che il Governo, nell’ultimo Consiglio dei ministri di venerdì, ha nominato (finalmente, secondo le associazioni che si stanno occupando della vicenda) un commissario nazionale, nella persona di Franco Corleone, già garante dei detenuti.
ESITO AMARO – Ma c’è da giurarci: Corleone non avrà un compito facile. A oggi numerose Rems non sono aperte (come in Calabria) e questo ha fatto sì che spesso i condannati con problemi psichici siano stati trasferiti in altre Regioni. Ma, effetto domino, ciò ha creato un altro problema: se nelle Rems sono ricoverati 455 pazienti, altri 98 sono “in stato di libertà” perché “non hanno fatto ingresso in alcuna struttura”. E si tratta di persone “socialmente pericolose”, di cui lo Stato continua a non occuparsi. Inspiegabilmente.
Twitter: @CarmineGazzanni