Non si è sottratta alle domande Giorgia Meloni. Questo non si può certo dire. Ma nelle oltre 40 risposte, sciorinate in più di tre ore durante la conferenza stampa di ieri, ha commesso un peccato più grande. Si è sottratta alla verità che avrebbe dovuto fornire al Paese sulla situazione economica, politica e internazionale dell’Italia. Sui guai che hanno macchiato la reputazione del suo governo e del suo partito ha giocato di equilibrismi. Sull’inchiesta Anas ha assolto il ministro Matteo Salvini sostenendo che non debba riferire in Parlamento (leggi articolo in basso). Sul caso del suo deputato Emanuele Pozzolo, protagonista del Capodanno con la pistola, ha deciso di scaricare il collega, sospendendolo, ma ha negato che ci sia un problema a livello di classe dirigente di Fratelli d’Italia.
La premier Meloni è tornata a parlare di tentativi per condizionarla senza però precisare queste accuse
Eppure i casi di Delmastro, La Russa, Lollobrigida, Donzelli, Fazzolari, Bignami, Santanchè ci dicono il contrario. Ma la premier ha pure avuto il coraggio di rinfacciare al M5S – suo nemico numero uno, altro che il Pd – la questione morale. Laddove il presidente dei 5S Giuseppe Conte si è difeso alla luce del sole nell’inchiesta nata in merito alle scelte prese da presidente del Consiglio durante la pandemia, uscendone a testa alta. Ma analizziamo alcuni dei passaggi della Meloni che urlano vendetta per le falsità che contengono.
“Non vedo in cosa l’elezione diretta del capo del governo significhi togliere potere al Capo dello Stato”, ha detto la premier. Che l’elezione diretta del premier non tocchi i poteri del Presidente della Repubblica è talmente falso che non si trova più nessun osservatore o costituzionalista disposto a sostenerla. Il capo dello Stato non può più scegliere il premier. Ma si limiterà a ‘conferire’ al presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il governo. Non può più nominare i senatori a vita, che spariscono. Di fatto non decide più quando sciogliere le Camere.
Dopo averci sfiancato con la logica del pacchetto, ovvero no al Mes senza un Patto di stabilità accettabile per l’Italia, la premier ha dichiarato: “Non credo che il tema della mancata ratifica del Mes vada letto in relazione ai risultati del Patto di Stabilità. Sono soddisfatta a condizioni date dell’accordo sul Patto, chiaramente non è il Patto che avrei voluto io. Quello che emerge è che in Europa non c’è questo superiore interesse comune. Di fronte a questa idea che emerge sarebbe stato difficile per me impormi sul Parlamento, e mi sono rimessa all’Aula. E il Mes è stato bocciato”.
Roma ignorata sulla riforma del Patto di stabilità. Ma l’esecutivo si definisce ancora credibile
E ancora: “Quando fu approvata la Costituzione europea Chirac avrebbe potuto farla votare dal Parlamento ma scelse un referendum, fu bocciata e nessuno disse che l’avrebbero fatta pagare alla Francia”. Allo stesso modo lei non teme l’isolamento. Peccato che Roma non abbia toccato palla sul Patto di stabilità, e sia stato tutto deciso da Parigi e Berlino, e che gli altri partner europei siano a dir poco irritati con noi per il Mes.
“Tutti i paesi europei hanno aggiornato in corsa le previsioni fatte, ma sono contenta che per l’Italia la crescita stimata è superiore alla media europea”. Ha continuato a ribadire anche ieri questa bugia la premier. Ma le previsioni economiche di novembre della Commissione europea ci dicono che per il 2024 il Pil dell’eurozona salirà all’1,2%. L’Italia, invece, con la previsione di uno 0,9% è tra i paesi che rischiano di crescere meno quest’anno. Le ultime stime della Banca d’Italia si fermano allo 0,6%. La premier ha parlato di messaggi incoraggianti per la nostra economia. Dalla performance della Borsa ai dati record sull’occupazione.
Peccato abbia omesso di ricordare che l’Istat nei giorni scorsi ha certificato che ottobre 2023 è stato il nono mese consecutivo di calo della produzione industriale. E che, nonostante nel complesso aumenti, il tasso di occupazione italiano è ancora il più basso di tutta l’Unione europea e quello di inattività il più alto dell’Eurozona. Inoltre, rispetto a ottobre 2008 osserviamo una crescita dell’occupazione di bassa qualità: aumentano enormemente gli occupati a termine (+30,2%, raggiungendo quota 3 mln), in particolare stagionali, somministrati, tempi determinati, intermittenti e con contratti di prestazione occasionale. Il contributo complessivo alla crescita degli occupati è quindi dovuto per circa la metà all’aumento di quelli a termine: nell’arco degli ultimi 15 anni, il tasso di precarietà dipendente è aumentato dal 13,1 al 15,7% (+2,6 punti percentuali).
La tassa sugli extraprofitti delle banche che nessuno ha versato? Un successo che farà aumentare il credito. Il bavaglio sui giornali? Non esiste
Meloni va dicendo che bisogna conciliare la maternità con il lavoro e che il governo si è adoprato per questo. Peccato che allo stesso tempo abbia aumentato l’Iva sui pannolini e sui prodotti per i bambini. “Se la domanda è aumenta le tasse o taglia la spesa pubblica, tra le due preferisco tagliare la spesa pubblica e penso si possa fare un lavoro ancora più preciso”, ha detto Meloni. Bugia. Meloni ha fatto entrambe le cose: ha aumentato le tasse – sulla casa, sulla benzina, sugli assorbenti, oltre che sui prodotti per l’infanzia – e ha tagliato la spesa. Pensioni e Sanità sono i due capitoli in cui il governo ha impugnato con particolare accanimento le forbici. La ‘Fornero’ è stata addirittura peggiorata attraverso la stretta operata su Ape sociale e Opzione donna, che di fatto è stata cancellata, e sono state tagliate le rivalutazioni anche degli assegni pensionistici del ceto medio. Sulla sanità le risorse stanziate sono andate quasi tutte ai rinnovi contrattuali e briciole per tutte le altre voci, a partire dallo sfoltimento delle liste d’attesa. Il nuovo Patto di stabilità peraltro, rendendo arduo il ricorso all’extradeficit per la prossima manovra, come ha denunciato Conte, comporterà per l’Italia tagli per oltre 12 miliardi l’anno.
Incredibile la disinvoltura con cui la premier ha continuato a sostenere che la tassa sugli extraprofitti delle banche è rimasta. Quando invece di fatto il governo l’ha cancellata rinunciando a due miliardi di euro. Gli istituti, infatti, possono scegliere se versare la tassa o meno: nel secondo caso possono accantonare come riserva non distribuibile un importo maggiorato rispetto alla tassa, pari a 2,5 volte l’imposta, rafforzando in questo modo il patrimonio. Chiaro che tutti abbiano scelto questa seconda strada. “Mi fa sorridere che i primi a criticare il primo governo che ha tassato le banche siano quelli che quando erano al governo hanno fatto regali miliardari alle banche. Penso al Pd, penso a M5S che è cintura nera per gli aiuti alle banche”, ha detto Meloni. Peccato che il potenziamento del Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi, grazie al decreto Liquidità cui fa riferimento Meloni, abbia consentito al tessuto produttivo di resistere all’urto della pandemia, ‘costringendo’ il sistema bancario a concedere prestiti garantiti agli imprenditori per consegnare loro la liquidità necessaria a sopravvivere, come fa notare Stefano Patuanelli del M5S. Se c’è una “cintura nera” di prese in giro ai cittadini quella spetta di diritto a Meloni, ha chiosato Conte.
Il calcolo complessivo del 2023 fa segnare la cifra record di 155.754 migranti che hanno raggiunto le coste italiane. Si tratta del 50% in più rispetto al 2022 e oltre il doppio del 2021. “Non ritengo soddisfacenti” i risultati sull’immigrazione “soprattutto rispetto alla mole di lavoro che ho dedicato a questa materia”, è costretta ad ammettere la premier. Che smaschera una sua stessa bugia. Il tanto decantato Patto Ue non è poi così brillante. “Le nuove regole sul patto di immigrazione sono migliori del precedente, c’è un meccanismo serio che impegna gli altri Paesi a fare un lavoro di redistribuzione. I nostri hotspot erano pieni e noi abbiamo bloccato la possibilità di prendere persone che avevano passato il confine mentre gli altri paesi avevano bloccato la possibilità di redistribuire, ora per noi c’è un meccanismo di garanzia. Ma quel patto non è la soluzione”. Sul Piano Mattei non svela dettagli anche perché al momento è un guscio vuoto.
Il 2 gennaio sono poi arrivate le bacchettate del Quirinale sull’“ennesima proroga delle concessioni” per il commercio ambulante, che determina un contrasto fra le norme italiane ed europee in tema di concorrenza. Strigliate che fanno il paio con i richiami del capo dello Stato, Sergio Mattarella, dello scorso anno sui balneari. Meloni ha assicurato: “L’appello del presidente Mattarella non rimarrà inascoltato, valuterò con gli altri partiti di maggioranza e con i ministri”. Ma subito dopo di fatto ha difeso tanto le norme sugli ambulanti quanto quelle sui balneari. Cose da pazzi.
La protesta dei giornalisti per il via libera all’emendamento alla legge di delegazione europea, attesa entro gennaio in Senato per la seconda lettura, che vieta la pubblicazione “integrale o per estratto” del testo delle ordinanze di custodia cautelare irrompe nella conferenza stampa. La premier spiega che la norma incriminata è di iniziativa parlamentare, peraltro di un parlamentare di opposizione. Peccato che sia passata col favore del governo, tanto che alla fine Meloni si tradisce: “A me pare un’iniziativa valida – ha detto -, forse non l’avrei presa, io non l’ho fatto, ma mi pare una norma di equilibrio tra il diritto di informare ed il diritto alla difesa del cittadino”.
Già a ottobre scorso durante la kermesse di FdI, Meloni aveva puntato il dito contro non meglio definiti interlocutori pronti a colpire le destre. “Siamo un nemico da abbattere con qualsiasi prezzo”. Una vera e propria psicosi complottista che ieri ha ribadito. Non sono ricattabile, ha ripetuto e ha fatto riferimento a una controparte anche qui non definita che vorrebbe condizionare le sorti del Paese. “Io penso che qualcuno in questa nazione abbia pensato di poter dare le carte, ma in uno Stato normale non ci sono condizionamenti, l’ho visto accadere e non dico di più. Vedo degli attacchi e pensano che ti spaventi se non fai quello che vogliono, ma io non sono una che si spaventa facilmente, preferisco 100 volte andare a casa”. Ora noi ci chiediamo, al di là delle bugie e degli slogan, se sia responsabile per una presidente, o “un”presidente, del consiglio parlare di cose così pesanti senza fornire dettagli? Per noi no, non lo è.