Parte Mafia Capitale. Il primo punto va già alla Procura. Desecretata la relazione prefettizia. Adesso c’è una mappa del malaffare

di Patrick Fazio

Il processo non è ancora cominciato, ma la Procura di Roma segna già il primo punto. Ed è un punto pesante perché su Mafia Capitale lo stesso capo dell’ufficio Giuseppe Pignatone ha scommesso moltissimo. Far passare l’aggravante di mafia per quella che diversi commentatori hanno subito definito “mafia alla vaccinara” non sarà facile. Dunque ogni decisione processuale è importante e delicata, così come il via libera arrivato ieri (proprio in zona Cesarini) alla desecretazione della relazione presentata dalla commissione prefettizia – insediata col precedente prefetto Giuseppe Pecoraro – per stabilire se Roma andava sciolta o no per infiltrazioni mafiose. Un documento di circa mille pagine e con 101 nomi, frutto di un lavoro di ispezione cominciato a dicembre del 2014, che arrivò sul tavolo del prefetto Gabrielli il 16 giugno del 2015.

ZONA CESARINI
Pur essendo zeppo di nomi, fatti e circostanze che avrebbero potuto spingere il Governo a sciogliere il Campidoglio, il sindaco Marino non aspettò col fiato sospeso la decisione di Palazzo Chigi e come è noto se ne andò tre settimane negli Stati Uniti a fare vacanza e cercare un lavoro per lasciare il Comune con le sue gambe. Le cose poi non sono andate come il chirurgo sperava, e anche senza un infamante scioglimento per mafia, la sorte dell’Assemblea capitolina si sarebbe conclusa poco dopo per le dimissioni presentate in blocco da 26 consiglieri. “Mi sarei tagliato una mano per avere quella relazione”, aveva detto più volte l’ex assessore alla legalità del Comune di Roma, Alfonso Sabella, convinto che dentro vi fossero elementi preziosi per comprendere il livello della penetrazione criminale anche nei gangli più profondi della pubblica amministrazione.

SENZA CUPOLA
Si tratterebbe dunque di una mappa circostanziata della Roma criminale e dei legami con i colletti bianchi. Quel mondo di mezzo dentro il quale l’ex ras delle coop rosse del Lazio Salvatore Buzzi e il suo sodale Massimo Carminati – un passato nel terrorismo neofascista – si muovevano con disinvoltura. Da quella relazione arrivò la relazione di Gabrielli al Consiglio dei ministri di luglio, che portò allo scioglimento del municipio di Ostia. L’accusa ha dunque adesso una grossa freccia in più, oltre a tutti i riscontri processuali che sembrano provare abbondantemente l’esistenza di un sistema di potere tipico della fattispecie mafiosa. punti deboli del processo restano i legami al più alto livello con la politica. Ritirata l’imputazioen di mafia per l’ex sindaco Gianni Alemanno – che respinge fortemente anche le accuse di corruzione – i politici finiti nella rete sono figure di secondo piano, un po’ di consiglieri comunali e municipali spesso Pd, un po’ di manager di aziende pubbliche e qualche funzionario della pubblica amministrazione. Manca la cupola, in sostanza, e anche se questo non fa cadere l’ipotesi dell’associazione mafiosa, rende sicuramente meno d’effetto un processo che comunque vada ha già cambiato la storia della Capitale.