Partecipazione attiva e la frattura con i Cinque Stelle. Il neo gruppo spiega le sue ragioni a La Notizia

Il neo gruppo scrive una lettera a La Notizia per effettuare alcune precisazioni. Segue la risposta del Direttore

Partecipazione attiva e la frattura con i Cinque Stelle. Il neo gruppo spiega le sue ragioni a La Notizia

Egregio Direttore,

le scriviamo in qualità di promotori della neo formazione politica “Partecipazione Attiva” e in ordine al suo articolo apparso su La Notizia il 4 di settembre. L’articolo fa riferimento alla presentazione del nostro simbolo avvenuta il giorno prima in diretta Facebook; comprendiamo che lei usi prestare attenzione ai nomi noti della politica e questo la porta ad avere meno dimestichezza con chi fa politica sui territori. Ci consenta però una certa meraviglia nell’apprendere che le sia sfuggito il nome della consigliera regionale del Lazio, Francesca De Vito, un nome che ultimamente è circolato su tutti i giornali e che non poteva certo sfuggire ad un attento professionista della carta stampata come lei si è sempre dimostrato.

Dal testo del suo articolo appare evidente che il suo giornale non ha seguito le vicissitudini interne, neppure troppo nascoste, del MoVimento 5 Stelle dagli Stati Generali in avanti e che le è evidentemente sfuggita la notizia del MoVexit del 10 agosto organizzata dal gruppo Fb di Parola agli Attivisti, lo stesso che aveva organizzato il 21 luglio la manifestazione a Montecitorio contro la Riforma Cartabia, sia in presenza che in diretta Fb. Vede direttore certi segnali, piaccia o no, andrebbero colti dagli osservatori della politica e non solo, perché il dissenso espresso in quel giorno da pochi era rappresentativo invece di una realtà ben più ampia che si sarebbe poi palesata nelle votazioni per lo statuto contiano, dove la percentuale di astenuti e contrari ha di fatto raggiunto la metà degli iscritti.

Dall’azione collettiva del MoVexit è nata una nuova creatura politica, Partecipazione Attiva per l’appunto. Se lei avesse seguito la diretta Fb di presentazione avrebbe compreso che si tratta di un progetto che proviene dalla base, quella strana creatura costituita da tanti volti non noti di attivisti e portavoce territoriali che toccano con mano le difficoltà delle loro comunità locali alle quali cercano con enormi sacrifici, in termini di tempo, di fatica e di denaro, di dare ascolto e risposte. Siamo coloro che, consapevoli della loro consistenza e della loro forza propulsiva, hanno deciso di intraprendere un nuovo percorso, con l’esperienza maturata nel tempo e con gli stessi principi e valori, che ci hanno visto nelle fila del M5S, e che corrispondono alle nostre persone prima ancora che ad una forza politica. Le assicuriamo che non siamo alla ricerca di Messia, di Capi o di Vip della politica.

Come abbiamo risposto durante la conferenza di presentazione ad alcune domande, noi siamo una formazione politica aperta a chiunque si riconosca nella partecipazione, nella condivisione, nella democrazia diretta, nell’intelligenza collettiva; siamo l’espressione dei territori. È vero, nessun portavoce che ha aderito al MoVexit si è dimesso. Il motivo è presto detto: un conto è la consapevolezza di non riconoscersi più in una forza politica, un conto è la presa d’atto che quella forza politica si sia trasformata, anzi rifondata (le parole hanno il loro peso, come ci insegna) divenendo altro da sé. Non sono cambiati i portavoce, è cambiato il MoVimento.

Vede noi siamo proprio coloro che hanno contribuito alla “potenza di fuoco” del 32,6% di cui lei parla, ma c’è anche da dire a chiare lettere che se il MoVimento non è riuscito a sfondare nelle molte roccaforti dei vecchi poteri ciò è dovuto al fatto che, con l’ascesa al Governo, i territori sono stati abbandonati dagli eletti nazionali e da un Capo politico che nel frattempo era impegnato a fare anche il Vicepremier, il Ministro del Lavoro e quello per lo Sviluppo economico. Questo spiega il perché sul nostro Statuto le nomine interne sono incompatibili con quelle istituzionali di qualsiasi genere. Ad ognuno il suo.

Un’ultima puntualizzazione va fatta, se ci permette; noi siamo coloro che hanno lottato con le unghie e con i denti per evitare che il MoVimento diventasse un partito di sistema, quello con la sede di 500 mq al centro di Roma tanto per intenderci, come abbiamo sempre cercato di far sentire la nostra voce ogni volta che i vertici hanno adottato scelte, peraltro mai fatte oggetto di dibattito della base, che ne minavano l’identità, sminuendo in tal modo tutte le battaglie storiche con le quali abbiamo dato speranza a 11 milioni di italiani.

Siamo stati traditi da un Garante che non è stato in grado di salvaguardare il MoVimento ma che anzi, assieme a quattro vips, il 28 febbraio in un albergo romano ne ha deciso la fusione per acquisizione da parte di Giuseppe Conte, lui sì presentato come il novello Messia nonostante non fosse neppure nel novero degli iscritti. Ciò che è avvenuto dopo è l’esempio di un inaccettabile tradimento della base che si era espressa agli Stati Generali e le cui risultanze, frutto di un enorme lavoro degli attivisti costato ben 120.000 euro di cui 50.000 consegnati ad una società esterna , alla fine sono valse solo per una diretta Fb.

Vede Direttore, ciò che lei paventa a conclusione del suo articolo ovvero la restaurazione, la fine del Reddito di Cittadinanza sono le stesse nostre apprensioni. Ma sarebbe ingiusto, irreale e fuorviante addossare tutto questo a Partecipazione Attiva, perché a ben vedere il crollo di ciò che di buono ha fatto il MoVimento in due anni di governo non dipenderà da noi ma da coloro che, dopo la crisi di governo renziana, sono entrati in quello dei migliori promettendo di difendere il terreno conquistato e non ne siano alla fine in grado, per una incomprensibile sudditanza espressa più volte sotto forma di “garanzia di fiducia” a Mario Draghi, ovvero a colui che rappresenta ciò che abbiamo combattuto da sempre. D’altro canto pensare che in tutto questo il popolo pentastellato potesse essere usato come mero “datore di voto” è stata una follia che ha determinato ciò che doveva essere previsto ed evitato, ovvero la spaccatura insanabile del MoVimento.

Anche sui territori le scelte operate dal vertice hanno tradito quanto promesso agli elettori; basti pensare quanto accaduto prima in Puglia, con l’ingresso nella Giunta Emiliano di 4 dei 5 eletti nel M5S senza la conferma di un voto degli iscritti al riguardo, malgrado promesso; poi è stata la volta del Lazio, dove proprio la consigliera Francesca De Vito è stata l’unica oppositrice al voltafaccia della Lombardi, presentatasi avversaria di Zingaretti alle elezioni e finita dopo tre anni con lui in Giunta regionale, assieme a Valentina Corrado. I portavoce tra noi parteciparono all’epoca ad un incontro delle due neo assessore, oggi anche consigliere, in totale dispregio alla regola del M5S che vietava i doppi incarichi. Lo scopo di quell’incontro fu di informare del loro intento i portavoce comunali laziali; ebbene la stragrande maggioranza di noi espresse il proprio disappunto rispetto all’ennesima scelta governista calata dall’alto e che avrebbe generato un indebolimento delle azioni svolte sui rispettivi territori, proprio in contrasto con la roccaforte del partito di Zingaretti. Ciò che poi avvenne, malgrado il nostro disappunto, lo racconta la storia. Che dire poi delle liste di candidati per le elezioni amministrative “cassate” dalla nuova struttura, com’è avvenuto a Fiano, a Napoli e a Milano come anche in tantissimi Comuni dove i gruppi territoriali non hanno ottenuto l’uso del simbolo perché non accettavano l’imposizione di presentarsi alle elezioni con il PD. Se questa è la coerenza dell’attuale Movimento 2050 e cioè di finire la sua storia sciolto nel PD, ben vengano i “sognatori” come lei ci definisce che vogliono salvare l’idea originaria.

Sapevamo che la decisione di creare un progetto politico parallelo al MoVimento di Conte ci sarebbe costato l’accusa di essere fondamentalmente dei traditori, ma la coerenza ai nostri principi e valori assieme alla consapevolezza della speranza di cambiamento, prima culturale che politico, che abbiamo rappresentato per gli italiani ci imponevano la strada oggi intrapresa.

Rimettendo al centro i territori intendiamo creare quell’intelligenza collettiva che, orientata al bene comune, rappresenta l’unica strada percorribile per ricostruire l’Italia, salvandola dagli interessi di partito o di quelli particolari che gli stessi partiti rappresentano. Questo è ciò che vuole esprimere il nostro simbolo. Uno scopo certamente arduo, ma non impossibile.

Nel concludere le chiediamo venia per le espressioni critiche nei suoi riguardi, ma sinceramente alcuni passaggi del suo scritto suonano troppo trancianti per non dire a tratti persino offensivi. Ci auguriamo che nel futuro, se la sua redazione vorrà prestare attenzione al nostro percorso appena iniziato, lei potrà scrivere di Partecipazione Attiva come di una forza politica che, nata dal coraggio di tante persone sconosciute al palcoscenico politico, in qualche modo avrà contribuito a rendere la nostra società più equa e più giusta.

Roma, 6 settembre 2021

I Promotori di Partecipazione Attiva
La referente Avv. Paola Cedroni

LA RISPOSTA DEL DIRETTORE

Con la Notizia abbiamo seguito la manifestazione davanti Montecitorio, stigmatizzando il passaggio in piazza del solo ex sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi, così come l’uscita della consigliera Francesca De Vito, che nel mio articolo di sabato scorso ho definito sconosciuta al pari degli altri attivisti solo per sintesi giornalistica, riferendomi a un più generale contesto nazionale. Come ho scritto due volte nello stesso articolo, rispetto l’inquietudine di chi ha preso strade diverse dai 5 Stelle, mentre ho anche scritto cento volte che lo sforzo e le speranze che hanno portato alla stessa nascita del Movimento sarebbero sprecate se alla fine si riducesse tutto a una corrente del Pd.

A differenza di altri autorevoli commentatori, infatti, penso che questo sarebbe un errore fatale per l’intera area progressista e antagonista a una destra becera e pericolosa. Ogni divisione su un fronte ne rafforza però l’altro, e in questo caso “l’altro” non aspetta che questo. In ogni caso, fatemi avere – come già avviene d’altronde – comunicazione di tutto quello che fate e di particolari iniziative quando avverranno, che compatibilmente con i mezzi di un piccolo giornale li seguiremo senz’altro.

Gaetano Pedullà