Partiti, Confindustria e giornaloni. Il grande assalto alla diligenza dei fondi europei. Ma Conte resiste

Un asse trasversale che va dal Pd a Forza Italia passando per Renzi e Bonini. I fan del Mes a tutti i costi non si rassegnano. Non si sono mai rassegnati, anzi ne sono ossessionati. Che la disputa sul Salva Stati sia ampiamente di carattere politico ed ideologico lo testimonia il fatto che, mentre si stavano per concludere un difficile – e storico – negoziato per l’approvazione del Next Generation Eu a Bruxelles, il segretario dem Nicola Zingaretti lunedì sera se ne usciva intervenendo a In Onda su La7 con “Io i soldi del Mes li prenderei. Deciderà il governo ma ci converrebbe prenderli. È veramente una cosa importante” riaccendendo i riflettori su uno strumento che di fatto, con i miliardi in arrivo dal Recovery avrebbe dovuto essere archiviato. Come subito sottolineato dall’europarlamentare del Movimento 5 Stelle e Vicepresidente del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo “Sono settimane che ripetiamo che aprire un dibattito sul Mes mentre erano in corso le negoziazioni sul Next Generation Eu era semplicemente surreale. Il tempo è come sempre galantuomo e ci ha dato ragione. Con 209 miliardi di euro tra sussidi e prestiti il ricorso al Mes diventa di fatto irrilevante e illogico. I prestiti del Recovery Fund non sono sottoposti alle condizionalità di rientro ancora esistenti per il Mes, a partire dal sistema di allerta rapido e dai controlli post programma, possono essere usati anche per programmi di riforma che vadano a sostegno di famiglie e imprese e non solo, quindi, per le spese sanitarie, e sono tripla A, con una scadenza lunghissima”. Concetto ribadito ieri anche dal capogruppo M5S a Montecitorio Davide Crippa: “Lo strumento Mes è evidentemente superato dai finanziamenti economici previsti nel pacchetto appena approvato”. Lo stesso premier Giuseppe Conte, che nella sua informativa alle camere sull’esito del Consiglio Ue non ha minimamente accennato al Mes se non con i giornalisti per sottolineare l’attenzione morbosa della stampa su di esso, ha sempre sostenuto che aderire al salva Stati non fosse una priorità. E sono proprio indiscrezioni di stampa, nella fattispecie quelle del Sole 24 Ore (smentite però dal Tesoro), ad attribuire al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri il fatto di aver palesato la necessità di ricorrere a quei fondi: durante il vertice di maggioranza dei capidelegazione di mercoledì avrebbe detto che se non si avrà accesso alle risorse del fondo potrebbero esserci difficoltà per le casse dello Stato a seguito della terza richiesta di scostamento da 25 miliardi decisa dall’esecutivo. A considerare “vantaggioso” il Mes è invece il commissario agli Affari economici Ue Paolo Gentiloni: “Le erogazioni del Recovery inizieranno nella seconda parte del 2021 ad eccezione di un 10% che verrà anticipato con l’approvazione del Piano. Prima dobbiano aspettare la ratifica dei Parlamenti nazionali e l’approvazione dei Piani di riforme dei singoli paesi. Il pacchetto è composto da 390 miliardi di aiuti a fondo perso e 360 miliardi di prestiti del Recovery e poi dai crediti agevolati del Mes e di Sure, rispettivamente fino a 240 e 100 miliardi. Se c’è un Paese in Europa che può trarre vantaggio da questi prestiti è l’Italia e all’interno di questo pacchetto uno strumento è già disponibile, ovvero il Mes. Abbiamo eliminato dalle sue linee di credito le vecchie condizionalità macroeconomiche e ora è chiaramente vantaggioso per un Paese con i tassi di interesse come quelli italiani”. Il commissario europeo ribadisce cose già note e anzi chiarisce che “la decisione ovviamente non si prende a Bruxelles“. Niente di più ma per i Mes-dipendenti questo basta e avnaza per esaltarsi.