Corsa dei partiti agli iscritti. Il Pd non ha rivali nelle tessere. Sono 412mila gli aderenti all’ultima campagna dem. FdI in fuga: in un anno da 44mila a 130mila tesserati

Sono 412mila gli aderenti all’ultima campagna dem. FdI in fuga: in un anno il partito di Giorgia Meloni è passato da 44mila a 130mila tessere.

Corsa dei partiti agli iscritti. Il Pd non ha rivali nelle tessere. Sono 412mila gli aderenti all’ultima campagna dem. FdI in fuga: in un anno da 44mila a 130mila tesserati

L’agenzia Adnkronos ha dedicato ieri un’inchiesta ai dati dei tesseramenti dei partiti italiani per il 2020 (qui il servizio).Il Pd conferma il suo primato con 412mila iscrizioni, i Cinque Stelle sono a 196.840, quanti cioè sono iscritti alla piattaforma Rousseau, Fratelli d’Italia è a quota 130.000 e triplica gli iscritti, la Lega supera i 100mila, mente il dato per Forza Italia è sui 100mila, ma si riferisce al 2019 che è l’ultimo disponibile I numeri sono abbastanza grezzi e non strutturati e riflettono anche le difficoltà a raccoglierli causa Covid.

Tuttavia, già sulla base di questi si possono fare interessanti considerazioni. Il Partito democratico è in testa a questa speciale classifica, ma questa non è una novità in quanto è l’erede diretto del Partito comunista che faceva del tesseramento il più alto momento celebrativo della sua complessa liturgia politica. Il Pd, tra l’altro, è ancora quello che ha la più estesa rete territoriali di luoghi fisici di incontro, quelle che una volta si chiamavano sezioni territoriali. L’esatto contrario dei Cinque Stelle che non hanno sedi fisiche, ma solo virtuali. Ma la vera sorpresa che emerge da questi dati è l’exploit di Fratelli d’Italia, che in un solo anno triplica gli iscritti, si piazza al terzo posto e, soprattutto, supera la Lega che è ferma a 100mila pur essendo il primo partito italiano nei sondaggi.

Ma il numero di iscritti è l’indicatore politico più conveniente a individuare la crescita di consenso immediato che mostra la possibile trasformazioni in preferenze nei sondaggi ed infine in voti al seggio. Ovviamente la classifica dei sondaggi è diversa da quella degli iscritti, ma i due indicatori hanno nelle connessioni analitiche di tipo cronologico. L’ultimo sondaggio Index per Piazzapulita dl 1 aprile dava: Lega 23,5 %, Pd 18.8%, FdI 16.8%, M5S 16%, FI 6.5%.

Dal confronto tra le due serie di dati, producendo un indice analitico dato dal rapporto tra intenzione di voto e nuovi iscritti, si può facilmente constatare che c’è una discrasia tra le intenzioni di voto per la Lega e i pochi numeri di iscritti, mentre c’è una ipercorrelazione per Fratelli d’Italia. Il fato sul Pd, come detto, è caratterizzato dal suo passato, mentre i Cinque Stelle hanno molti più iscritti rispetto ai voti anche caus ala facilità del procedimento digitale e la gratuità.

Mentre Forza Italia ha poche intenzioni di voto e pochi iscritti. Il dato politico che emerge da tutto questo riguarda principalmente il rapporto di forza tra Lega e FdI e che mostra il partito di Giorgia Meloni molto dinamico, più veloce e più “rapace” di quello di Salvini. Un alto numero di iscritti in aumento –come detto- si traduce poi in voti e quindi il partito padano deve guardarsi molto attentamente le spalle perché il nemico numero uno è proprio il suo principale alleato ed infatti non potrebbe essere che così visto che i due pescano nello stesso elettorato sovranista e populista.

Ma Salvini paga lo scotto dell’accordo prima con i Cinque Stelle e il governo giallo – verde e poi, soprattutto, dell’appoggio al “banchiere europeista” Mario Draghi mentre, di converso, la Meloni passa all’incasso per la sua coerenza e fermezza programmatica, essendo l’unico partito rimasto sempre all’opposizione nonostante tre governi, due di Conti ed uno di Draghi. La mossa della Meloni di non entrare nell’attuale esecutivo è vincente perché sottrae elettorato alla Lega e a Forza Italia e inoltre le permetterà di mettere le mani su importanti commissioni, come quella sui Servizi, che spettano per consuetudine all’opposizione.

Un discorso a parte è poi quello dei Cinque Stelle. I quasi 200mila iscritti a Rousseau, infatti, lo collocano al secondo posto, dopo al Pd, ma si tratta di iscrizioni non pienamente confrontabili con tutte le altre. Intanto perché sono totalmente gratuite e poi perché sono appunto “digitali”. Detto questo però occorre notare come Davide Casaleggio abbia in mano la chiave dello scrigno del tesoro dei dati degli iscritti, cosa che non ha Beppe Grillo. Ed avere i dati, come noto, è tutto. Questi conferma la crucialità della piattaforma Rousseau per il futuro del Movimento perché senza “anagrafe” dei sostenitori non si va da nessuna parte e Grillo dovrebbe ricominciare la raccolta da capo.

Il prossimo meeting virtuale del 12 aprile per commemorare Gianroberto Casaleggio vedrà invitati, tra gli altri, Antonio Di Pietro, Beppe Grillo, Alessandro Di Battista e Virginia Raggi. Una sorta di summit per cercare di integrare le spinte scissioniste e di equilibrare la componente più populista dei Cinque Stelle dopo la svolta “liberale” e “mite” con l’arrivo dell’ex premier Giuseppe Conte alla guida del Movimento stesso. Emblematica la presenza di Di Pietro, fondatore di Italia dei Valori, che è stata precorritrice sia per programma che contenuti del Movimento stesso e che poco tempo fa, grazie al suo segretario Ignazio Messina, si era proposta per cedere il simbolo di IdV al Senato, proposta poi ritirata. Ma IdV potrebbe comunque pontare a quell’elettorato populista che in passato fu suo.