Il Pd non ha una linea, ma vuole dettarla al M5S. Sul Colle Letta non va oltre Draghi o Mattarella bis. Tra i dem si parla delle difficoltà degli alleati ma al Nazareno le anime del partito dialogano appena

Sul Colle il segretario del Pd Letta non va oltre Draghi o Mattarella bis. Ma tra i dem si parla delle difficoltà degli alleati.

Con una linea debole, impercettibile, eppure con la verve per bacchettare, attraverso la voce di Goffredo Bettini, le altre forze politiche, anche quella alleate come il Movimento Cinque Stelle. Chissà a quale titolo. Il Pd è uscito dall’assemblea di sabato scorso con una posizione sul Quirinale fumosa e caratterizzata da un politichese astratto. Nomi zero, idee poche e timide.

Il segretario Enrico Letta resta defilato nella scelta del prossimo Presidente della Repubblica, spinto ai margini dagli altri leader, come Silvio Berlusconi e Matteo Salvini che hanno dalla loro parte il numero di grandi elettori; e stretto nel Pd tra chi vuole Mario Draghi al Quirinale, come i suoi fedelissimi, e chi invece preferisce tenerlo a Palazzo Chigi, spingendo a tutta forza per il Mattarella bis.

Su tutti la corrente di Matteo Orfini, che sta facendo sempre più proseliti tra i gruppi di Camera e Senato. “Nel partito tre quarti sono favorevoli alla rielezione del capo dello Stato in carica, ma Letta fa finta che siano metà e metà”, è il ragionamento che circola tra i dem.

Tra i parlamentari, infatti, si intercetta un crescente sostegno all’opzione del Mattarella bis. Che invece Letta continua a mettere da parte. Ma le difficoltà interne non tolgono le energie per dispensare consigli e addirittura critiche al Movimento 5 Stelle. Le parole di Bettini al Corriere della Sera suonano come un attacco frontale, immotivato, nei confronti di Giuseppe Conte con cui i rapporti personali suono buoni. Figurarsi se fossero stati cattivi.

“Lo vedo in notevole difficoltà”, ha sentenziato il gran consigliere di Largo del Nazareno, sempre prodigo di analisi. Inevitabile è scattata la reazione nel M5S. “Lasciano perplessi le parole espresse sulla leadership del presidente Conte da parte di un nostro alleato”, ha sottolineato Riccardo Ricciardi, deputato e vicepresidente del M5S. Il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, ha rincarato la dose: “La direzione di marcia della coalizione non è quella giusta”.

Un fatto è chiaro: è necessario un chiarimento o quantomeno una sconfessione dell’uscita di Bettini, che non occupa ruolo nel partito ma che ha molti seguaci. E non è certo derubricabile come lo scivolone di un esponente qualunque. Il Pd distoglie così l’attenzione dalla debolezza della sua proposta. Mentre il centrodestra ha lanciato la candidatura di Berlusconi, infatti, Letta ha fatto fatica a tenere insieme le varie anime, legate dal netto “no” all’ipotesi del Cav al Colle.

Perciò ha partorito una relazione in cui si cerca un’ampia convergenza con le altre forze politiche, a cominciare da quelle più vicine. Con una sorpresa: “Il dialogo con i nostri alleati, con i quali abbiamo costruito al grande stagione del Conte 2, ci porta a costruire la scelta sul presidente della Repubblica e quella delle elezioni del 2023”, ha affermato Letta.

Tra le pieghe, dunque, si legge una riapertura di credito a Italia viva, che con tutti capricci ben noti era presente nella coalizione giallorossa. Insomma, dopo qualche schermaglia i dem pare che siano pure disposti a riabbracciare Matteo Renzi, facendo finta di niente. A meno che non ci sia stata un’incomprensione. E anche in questo caso avrebbe necessità di una spiegazione.