Porte chiuse al Pd pure nelle Regioni. I 5 Stelle aprono spiragli solo nel Lazio. Dalla Toscana alla Campania, nessuna possibile intesa

Pd resta solo pure nelle Regioni. Il Movimento 5 Stelle apre spiragli al Partito democratico solo nel Lazio

Porte chiuse al Pd pure nelle Regioni. I 5 Stelle aprono spiragli solo nel Lazio. Dalla Toscana alla Campania, nessuna possibile intesa

L’immagine tanto a livello nazionale quanto a livello locale è un po’ dappertutto sempre la stessa: il Movimento cinque stelle ha vinto, il Partito democratico ha perso. Non è un caso d’altronde che nel Pd è già partita la corsa alla candidatura alla segreteria e che lo stesso Enrico Letta ha deciso di fare un passo di lato; e non è un caso che nel frattempo, invece, Giuseppe Conte esulta per il risultato ottenuto.

Da una parte, in effetti, abbiamo una forza, il Movimento cinque stelle, che tutti davano per morto e che invece è oggi terza in Italia; e dall’altra, invece, c’è un partito – il Pd, appunto – che avrebbe dovuto contendere il primato di prima forza a Fratelli d’Italia e invece è ben lontano dall’esserlo. E arriviamo così all’oggi: in varie Regioni si assiste alla tendenza dei dem di cercare di stringere accordi nuovi e solidi con i pentastellati.

A provarci esplicitamente è stato pochi giorni fa Eugenio Giani: il governatore della Toscana ha di fatto invitato i consiglieri regionali del Movimento a entrare in giunta. Una proposta impronosticabile solo poche settimane fa. Non solo per la distanza e per gli attacchi (basta pensare alla lontananza siderale sulla questione rigassificatore a Piombino, opera su cui i Cinque stelle sono profondamente contrari) tra le sue forze, ma anche perché il Movimento in Toscana ha riscosso alle ultime regionali un consenso piuttosto moderato (intorno all’11%).

Eppure, visti i risultati elettorali delle politiche, Giani ha ben pensato di fare un passo indietro. Risultato? La proposta è stata bocciata. “Non ci interessa”, hanno fatto sapere i pentastellati senza neanche andare troppo per il sottile.

Da Nord a Sud

Ma porte in faccia rischiano di arrivare anche altrove. Un esempio? La Puglia. Qui i Cinque stelle già sono parte integrante della giunta guidata da Michele Emiliano. Ma i pentastellati, capendo il momento di difficoltà del Pd, hanno fatto sapere, dopo una riunione a cui ha partecipato anche il vice di Conte e suo fedelissimo Mario Turco, di voler incontrare il governatore per ripianificare i termini dell’intesa regionale.

Un modo come un altro per dire, ovviamente, che bisogna concedere maggiore spazio proprio al Movimento. In questo vortice di passi avanti e passi indietro, solo nel Lazio al momento pare reggere l’intesa Pd-M5S. Per due ragioni, essenzialmente.

Da una parte perché il “deus” è stato Nicola Zingaretti, l’ex segretario con cui non a caso Conte aveva più di ogni altro tessuto rapporti; e dall’altra perché, lato Cinque stelle, l’alleanza è stata agevolata anche da Roberta Lombardi, da sempre incline alla dimensione “giallorossa”. Quello che ora in tanti sperando – anche tra i potenziali candidati Pd – è che proprio il modello Lazio possa essere riproposto.

Tanto su scala locale quanto su scala nazionale. Non a caso si ragiona all’eventualità, nel caso in cui ci fossero le condizioni, che alle regionali del prossimo gennaio nel Lazio Cinque stelle e Pd possano correre assieme. Un’idea che potrebbe maturare anche nel piccolo Molise, altra regione chiamata al voto a breve. La condizione necessaria in casa M5S, però, è che anche su base nazionale si creino le condizioni.

D’altronde abbiamo visto cos’è successo in Sicilia dopo che Letta ha fatto saltare l’accordo su scala nazionale col Movimento. Quello che pare è che anche in casa Cinque stelle si voglia premere sui dirigenti non solo nazionali ma anche locali affinché si comprenda la necessità di ripartire coesi e solidi per offrire una reale alternativa tanto alla destra quanto all’opzione renziana. Un’alternativa in salsa “giallorossa”.